Episode Transcript
[00:00:01] Speaker A: Cari spettatrici, cari spettatori, benvenuti a bordo. State ascoltando la nuova puntata di Cinema Passengers, un programma Your Podcast prodotto da Unigiradio, la voce dell'Università di Genova. Io sono Beatrice.
[00:00:13] Speaker B: Io sono Luca.
[00:00:14] Speaker A: E oggi parleremo di Kafka Teran, ma prima.
[00:00:27] Speaker B: Sottotitoli e revisione a cura di.
[00:00:28] Speaker A: QTSS.
[00:00:48] Speaker B: Allora, Kafka Tehran è l'ultimo dei film che si collocano nelle numerose produzioni iraniane e medio orientali in generale, è girato da Ali Asghari e Alireza Khatami, due registi appunto iraniani, si riconferma il sentimento un po' che c'è tra i critici ma anche dal pubblico che il cinema iraniano tra tutti ma in generale dal Medio Oriente arrivano film incredibilmente ispirati e incredibilmente belli perché veramente ogni anno più o meno ci arriva qualche film che ci delizia totalmente ve ne cito qualcuno, vabbè quello dell'anno scorso, gli ossi.
[00:01:36] Speaker A: Non esistono, di Jafar Panayi che ha.
[00:01:39] Speaker B: Vinto il leone d'argento a venezia così come un film di cui mi sono innamorato totalmente il male non esiste di mohammad rasuluf film che invece ha vinto l'orso d'oro berlino nel 2020 se non vado errato uscito da noi un anno dopo quindi uscito da noi nel 2021 Allora, diciamocelo chiaramente, tutta questa volontà di raccontare e farlo con tanta passione il proprio paese nasce dai contrasti incredibili che stanno vivendo l'Iran in questo momento, no?
Sono film incredibilmente ispirati dalla loro realtà quotidiana.
Gli orsi non esistono, se vuoi parlarne.
[00:02:23] Speaker A: Brevemente tu, Beh sì, I ursi non esistono era un film molto interessante perché era praticamente la stessa storia del regista che lo ha girato.
Era un film potremmo definire metacinematografico, autobiografico perché lo stesso regista Jafar Panayi interpretava appunto un regista iraniano che si trovava in qualche modo a vivere esiliato diciamo in un paesino in montagna, in Iran, molto vicino al confine e quindi c'è anche il tema, diciamo, del superare il confine e andarsene dal paese, cosa che però è un conflitto interiore per un iraniano che comunque ama il proprio paese nonostante i contrasti con chi governa questo Stato.
E questo regista, poco a poco, durante il film, veniva in qualche modo isolato dalla comunità, proprio perché era visto come un personaggio scomodo, un personaggio che va contro il governo, contro lo Stato, per quanto l'unica cosa che voleva fare era girare il suo film. E un'altra cosa molto interessante, lui appunto essendo in questo paesino di montagna lo girava in diciamo online, in videochiamata. Poi insomma c'erano anche altri altri temi, altre storie appunto degli stessi attori del film che lui voleva girare ed era un film molto interessante per questo perché c'era proprio anche il tema del cinema.
e di quanto sia difficile fare cinema che parli della realtà iraniana in Iran.
[00:04:05] Speaker B: Perché comunque ricordiamo che dal regime degli Ayatollah, i registi sono persone veramente scomode, tra l'altro un tema che viene ripresentato anche in Kafka Teheran.
Così en passant lancio un cortometraggio di Panahi Iden, che avevo visto su Mubi, dovrebbe esserci ancora, che parla anche della condizione della donna in Iran, in questo villaggio rurale, veramente che se non lo vedessi faresti che fatica a crederci che esistano ancora posti del genere. Panayi è uno di quei registi che ha subito, non solo con limitazioni alla sua arte, ma proprio con limitazioni alla propria libertà personale perché ricordiamo è stato più volte in carcere l'ultima nel 2023 cioè perché poi è uscito nel nel febbraio del 2023 e come lui Muhammad Rasuluf che come vi dicevo ha girato il male non esiste un film anche questo come vedremo a kafka teran un film a episodi, sono quattro episodi di impatto, intrattiene, non è un film che ti massacra dal primo all'ultimo minuto, è un film che ti accoltella ogni tanto.
Però cercate di recuperarlo, non mi dilungo davvero sulla trama perché a parte che sono quattro episodi, però veramente ecco il nostro podcast si chiama Cinema Passengers per un motivo noi crediamo fortemente nel cinema come mezzo di trasporto chiaramente noi in Iran non ci siamo mai stati però questi film ti danno ovviamente tutto ridimensionato al fatto che sono opere di finzione e opere prodotte dalla mente di un creativo Però ti danno un po' la sensazione di avere un minimo vissuto anche sulla tua pelle.
[00:06:01] Speaker A: Ci si sente se non altro un po' più vicini a quella realtà.
E infatti è interessante approfondire il cinema un po' di tutto il mondo, soprattutto per questo motivo.
e soprattutto se nel paese in questione, cioè l'Iran, c'è una situazione molto complessa ed è un paese che ha tantissime contraddizioni perché noi vediamo uno stato teocratico, un regime oppressivo, però c'è il popolo, c'è il popolo iraniano che invece è sempre più forte dell'idea, diciamo, di ottenere una libertà in tutti i sensi e se si parla di cinema una libertà creativa e di poter raccontare le storie che uno desidera raccontare anche storie molto scomode però perché raccontano realtà scomode come quelle appunto della società iraniana. E quindi sì, noi vogliamo consigliarvi appunto anche, cioè ci sembrava giusto iniziare questa puntata su Kafka Teran citando giusto questi due film degli ultimi anni, del periodo recente, che appunto si inseriscono in questo filone, ma non ha neanche senso chiamarlo filone, in questo proprio movimento quasi di resistenza da un punto di vista del cinema iraniano.
[00:07:18] Speaker B: Poi abbiamo visto brevemente anche a Venezia Tatami, un film israeliano ovviamente contro l'Iran ma diciamo che... Era una coppia di.
[00:07:29] Speaker A: Registi, uno israeliano e uno iraniano ed.
[00:07:33] Speaker B: Era anche questa una cosa piuttosto particolare. La storia di una lottatrice di judo a quale viene impedito di partecipare a un torneo per appunto il pericolo di incontrare un'atleta israeliana E già che siamo qui, la situazione di adesso è assolutamente delicata, incredibilmente complessa da capire, ovviamente non c'è uno straccio di bene in quello che sta succedendo, quindi è inutile andarla a trovare.
Però per capire un po' di più di cosa vuol dire essere un palestinese ai confini con Israele, vi consiglio anche qua un cortometraggio di 24 minuti, si chiama The Present, è su Netflix e racconta proprio una piccola finestrella aperta sulla vita di una famiglia, nello specifico di un padre e una figlia che devono attraversare, chiamiamolo confine, quando poi in realtà è proprio un checkpoint militare, un confine per andare in un paese formalmente israeliano a comprare un frigorifero per la madre come regalo di anniversario. Quindi è un film molto delicato, a tratti non lo è, insomma comunque vi colpirà.
Era stato anche candidato agli Oscar come miglior corottometraggio, non ha vinto però lo trovate su Netflix e insomma Ci sono tanti modi per spendere 24 minuti, questo mi sembra un ottimo modo per farlo.
Ma arriviamo finalmente...
[00:09:09] Speaker A: Esatto, qua abbiamo un po' a scatolle cinesi, uno dietro l'altro, abbiamo uno dentro l'altro.
[00:09:15] Speaker B: Adesso siete pieni di consigli di film.
[00:09:17] Speaker A: Esatto, esatto.
[00:09:19] Speaker B: Ma arriviamo finalmente a Kaf Kal Teheran.
[00:09:22] Speaker A: Esatto. Allora, Kafka Teran, intanto parliamo un attimo del titolo, perché noi l'abbiamo scoperto dopo, però...
Allora, esatto, cioè qui i distributori l'hanno un po'... cioè se lo sono inventato.
Tra l'altro non è un brutto titolo. Cioè noi ci abbiamo creduto in questo titolo perché abbiamo ritrovato, poi adesso spiegheremo perché, delle atmosfere caffiane, cioè dei concetti caffiani nel film. Però in realtà il titolo originale è Ayé Ayé Zamini, ho cercato di dirlo in iraniano, però comunque la traduzione sarebbe Versi terrestri.
Versi terrestri è una citazione a una delle più grandi poetesse iraniane del Novecento che è Farouk Faragzad.
Il film richiama questa poetessa, richiama la poesia e quindi per un iraniano è molto riconoscibile questo riferimento nel titolo. Noi l'abbiamo chiamato Kafka Teran.
E che film è? Allora, è un film eh composto da dieci episodi e sono tutte storie di vita quotidiana iraniana e di delle persone iraniane di ogni tipo e soprattutto di ogni età perché è molto eh è molto bella diciamo la la trovata eh registica narrativa di trattare gli episodi, insomma, uno dietro l'altro, seguono le varietà di una persona, quindi si parte dall'infanzia, il primo episodio è proprio il protagonista, diciamo, è un neonato e che appunto bisogna trovargli un nome e poi verso la fine si arriva quindi a episodi in cui i protagonisti sono anziani.
[00:11:12] Speaker B: Il film è completamente a camera fissa.
Abbiamo questo... se non sbaglio era un quadro 1 a 1. Sì, il formato era anche quadrato. Però la camera è fissa.
Il protagonista della storia è ripreso frontalmente o al massimo di tre quarti.
e sono tutti dialoghi e l'interlocutore è dietro la telecamera, quindi si vede un personaggio e più qualcuno di sfondo in qualche storia, però il fuoco è su un personaggio in primo piano che parla.
Perché i distributori Akademichu ha deciso di dare questo titolo Kafka Tehran? Perché le situazioni sono incredibilmente kafkiane, perché queste persone si ritrovano Io ho letto, devo essere onesto, di Kafka ho letto qualche racconto e il processo. Però mi va benissimo perché il processo di Kafka me lo spendo in ogni... adesso quindi faccio l'oraculturato.
E come nel processo di Kafka, come il signor K, i protagonisti si ritrovano a subire un processo per colpe che non pensavano nemmeno di avere.
[00:12:20] Speaker A: Esatto c'è questa atmosfera proprio i personaggi uno dopo l'altro sono sotto processo quasi sotto inquisizione e quindi il potere, diciamo, è molto interessante perché il potere che opera questa sorta di inquisizione nei confronti dei vari personaggi noi non lo vediamo mai ed è come un'entità misteriosa e misteriosa è anche abbastanza inafferrabile perché è capillare, diciamo, questa entità La troviamo nel poliziotto, la troviamo nell'impiegato, diciamo all'anagrafe potremmo dire, che si occupa di registrare i nomi dei nuovi nati, oppure la troviamo nella preside scolastica o nel datore di lavoro. E quindi, diciamo, è un po' dappertutto.
[00:13:16] Speaker B: Ed è particolarmente azzeccata la scelta di mettere queste persone dietro la videocamera, non mostrarle mai, se non una mano ogni tanto.
[00:13:23] Speaker A: E loro fanno le domande a cui ovviamente bisogna dare le risposte giuste e noi non li vediamo mai, sentiamo solo questa voce.
[00:13:31] Speaker B: Non è il concetto in sé dell'impiegato dell'anagrafe o del poliziotto, è a tratti la società, a tratti l'apparato statale.
[00:13:40] Speaker A: Lo stato teocratico imbevuto di appunto questa ideologia religiosa troppo forte e in molti casi ottusa perché diciamo che le persone che si presentano, che noi vediamo, i protagonisti dei vari episodi Sono cittadini iraniani e semplicemente vorrebbero vivere la loro vita. Non sono contro la loro cultura, non sono contro il loro Stato e sono persone probabilmente anche religiose.
Ma quello che gli viene chiesto da parte dell'istituzione che appunto li deve, mi viene quasi da dire, perquisire, li deve interrogare, è qualcosa che loro non si aspettano neanche. perché ad esempio noi ovviamente non vogliamo raccontarvi le trame dei dieci episodi perché vi consigliamo vivamente di andare a vedere questo film ed è molto bello scoprire di volta in volta diciamo il tema centrale dell'episodio, la storia e come si sviluppa però ve ne raccontiamo giusto qualcuno, giusto così e a me ha colpito molto, mi è piaciuto molto l'episodio in cui un giovane uomo cerca di farsi rinnovare la patente e lui tranquillamente si sottopone a questo colloquio che dovrebbe essere veloce, una formalità, e invece gli viene chiesto qualsiasi cosa, anche per esempio se è andato da uno psicologo o da uno psichiatra, C'è una differenza tra psicologo e psichiatra, dice lui, però per chi lo interroga è come se in un caso o nell'altro non è normale recarsi neanche dallo psicologo, dallo psichiatra figuriamoci per questo impiegato che lo interroga e poi soprattutto gli viene chiesto per rinnovare la patente se ha dei tatuaggi. All'inizio noi quindi scopriamo che lui ha un tatuaggio per poi vedere che ha il corpo completamente ricoperto di tatuaggi, ma la cosa bella che ci fa sorridere, almeno io l'ho trovato estremamente quasi commovente, è che quest'uomo che dovrebbe essere visto da parte di questo potere invisibile come una persona non conforme a, diciamo, i doveri dello Stato non conforme al modello anche religioso diciamo promulgato dalla Yatollah, dal regime, in realtà è un uomo che ama la sua cultura perché è completamente tatuato di poesie iraniane, del poeta Rumi che è un poeta, è uno dei più importanti poeti iraniani del 200 se non sbaglio, quindi insomma proprio la storia della letteratura iraniana. Ed è veramente commovente e surreale vedere che appunto una persona del genere che comunque ama la propria cultura e semplicemente vuole avere il corpo ricoperto di tatuaggi, di poesie, invece si sente estremamente a disagio e ovviamente noi percepiamo che non riuscirà ad ottenere il rinnovo della patente perché non è considerato in linea con la normalità per lo Stato iraniano.
e quindi appunto diciamo che il tema della cultura soprattutto artistica poetica iraniana è presente appunto in questo episodio tantissimo ma abbiamo già detto il titolo e poi anche nel primo episodio c'è un accenno diciamo comunque alla poesia iraniana e al fatto che queste persone amano la loro cultura, la apprezzano, la conoscono ed è sempre molto bello secondo me questo perché l'arte è quello che riesce come dire a emergere più di tutto l'arte che però è libera e non è stretta dentro, diciamo, degli obblighi che sono oggettivamente surreali. In tante situazioni i registi ce le pongono in un modo che è surreale.
[00:17:48] Speaker B: Sì, torno sull'episodio del regista, perché in questo film abbiamo anche un episodio con un protagonista e un regista, Non ne parlerò molto a lungo però è un episodio non autobiografico ma diciamo è un puzzle di vissuto del regista e pezzi di vissuto altrui che ha collezionato perché per esempio il regista raccontava in un'intervista che una volta un suo film è stato pesantemente censurato cioè ha avuto richiesta di censura piuttosto pesanti che lui ha seguito lui ha censurato il suo film alla fine dopo che il film era stato brutalizzato è stato comunque respinto perché non era stato abbastanza creativo da censurarli e quindi si vedeva proprio che l'effetto della censura quindi sono veramente caffiane queste dinamiche e torno brevemente sulla fotografia perché mi direte un film dove la telecamera non si muove di un millimetro neanche tra una scena e l'altra perché appunto ci sono degli stacchi proprio di montaggio e abbiamo un film quasi antologico cioè episodi antologici non sono legati l'uno dall'altro La fotografia non è per niente dinamica, nel senso, in un contesto del genere.
È una cosa che è profondamente non vera, perché tolto il fatto dell'estetica, tra l'altro molto moderna, c'è anche il formato quadrato, mi ha ricordato quasi dei post Instagram per la composizione, la paletta dei colori.
veramente dieci fotografie, però dieci fotografie...
molto accurate. Dieci inquadrature, ma dieci inquadrature molto accurate.
[00:19:35] Speaker A: La composizione dell'inquadratura è bellissima.
[00:19:38] Speaker B: Però troviamo in ogni inquadratura un elemento, che può essere un bicchiere di succo d'arancia, una persona sullo sfondo, una parete con dietro un proiettore, che cattura subito l'occhio perché è qualcosa di leggermente più dinamico rispetto allo sfondo e ognuno con un senso narrativo, no?
Ed è una cosa di una finezza e di una bellezza veramente unica e rara.
cioè quando ho fatto il corso di critica quest'estate a Bobbio veniva fuori se io vedo un'attaccapanni in scena io devo sapere perché c'è quell'attaccapanni in scena e proprio questo concentrato del significante e del significato legato ad un oggetto scenografico in questo film è sublimato a livelli altissimi quindi Veramente, la semplicità, l'essenzialità e il minimalismo estremi, però con un'espressività incredibile.
[00:20:37] Speaker A: Incredibile. Diciamo che questo modo di fare cinema, anche con questi mezzi così semplici, Uno forse dei modi di fare cinema che amo di più, soprattutto quando poi il risultato è così forte come in questo film.
Bellissimo perché è un film di resistenza civile, semplice, diretto, chiaro, molto ironico in certi momenti e quindi da quel punto di vista lì è veramente con anche pochi mezzi mi viene da dire.
però una capacità di trovare un'estetica, dei contenuti, un modo molto anche interessante di raccontare i personaggi appunto con questa inquadratura sempre fissa e che rappresenta anche un po' da quasi un'idea di appunto è molto opprimente a lungo andare perché tutti i dieci episodi sono così.
e quindi da questo punto di vista veramente come fare un grande film con pochi mezzi e con una semplicità incredibile che però secondo me la semplicità la linearità sono le caratteristiche più importanti.
[00:21:51] Speaker B: E.
[00:21:51] Speaker A: Quindi niente l'ultima cosa che mi viene in mente e anche come in alcuni episodi, non in tutti, ma in alcuni venga fuori anche un concetto un po' più sottile legato sempre al potere e che è l'ipocrisia anche di questa società Ovviamente parliamo dei livelli, diciamo, della burocrazia iraniana, dei livelli alti, vicini al regime.
[00:22:19] Speaker B: Del potere, parliamo del potere.
[00:22:20] Speaker A: Esattamente, questa ipocrisia, perché ovviamente noi non vogliamo spoilerare, già ve ne abbiamo spoilerato un po' uno, vogliamo lasciare gli altri così nel mistero.
[00:22:29] Speaker B: L'esperienza più pura possibile.
[00:22:31] Speaker A: Esatto, però in alcuni episodi in cui è protagonista una donna, In entrambi questi episodi, a cui penso ci sono donne protagoniste, si vede come chi fa le domande, chi fa l'inquisizione, in realtà è forse ancora più corrotto, ancora più fuori dai doveri religiosi della persona che viene incolpata di questo.
[00:22:58] Speaker B: Il potere che poi nel finale, nel piccolo frammento finale, diciamo un decimo episodio che fa più forza da cornice agli altri nove, è il potere che viene in qualche modo umanizzato. A me piace anche questa dimensione umana del film perché vediamo, non vi racconto che cosa, ma vediamo una dimensione umana di questo potere.
Alla fine, dietro tutti questi costrutti, dietro queste regole, questi canoni, la surrealità di queste cose è vedere poi uomini che fanno la guerra agli altri uomini, virtù di ma neanche di valori religiosi perché va oltre, cioè anche gli stessi aspetti della società non c'entrano niente in sé con la religione o con aspetti trascendentali, sono semplicemente canoni di derivazione religiosa ma di che per sé non violano nessuna legge morale, se non quell'autoimposta della società, quindi da un'ulteriore dimensione assurda vedere che poi alla fine siamo tutti esseri umani che nasciamo, viviamo, moriamo.
E siamo in chiusura, anzi abbiamo proprio finito.
Vi ringraziamo per l'attenzione.
[00:24:13] Speaker A: Andate a vedere questo film e recuperate gli altri perché sono veramente film che appunto ci avvicinano un po' a queste realtà e ci fanno riflettere tanto.
[00:24:26] Speaker B: Seguiteci sul nostro profilo Instagram, cinema underscore passengers.
Seguite anche unigeradio. Vi ringraziamo nuovamente.
Vi promettiamo che prima o poi troveremo una chiusura un po' più dinamica.
[00:24:41] Speaker A: Sì, siamo sempre lì e non sappiamo come salutarvi, vabbè.
[00:24:44] Speaker B: Quindi ciao. Ciao.