Episode Transcript
[00:00:06] Speaker A: Gentili spettatrici gentili spettatori benvenuti a bordo ma no vabbè sarà già una puntata lunghissima sta parte la sapete già non vi presento neanche via sigla Sottotitoli e revisione a cura di QTSS ok se volete sentirvi un intro decente andatevi a recuperare la prima parte di questa puntata che è già online anche perché se non l'avete ascoltato andate ad ascoltare dove parliamo un po' più del festival in generale e adesso aspetta dai ti faccio un po parlare ti faccio salutare ciao.
[00:01:06] Speaker B: Bea Ciao, sono Beatrice. Vabbè, questa la sapete già appunto, come ha già detto Luca. Allora, nella prima puntata ci siamo dedicati in particolare alla nostra amata sezione Orizzonti, però adesso andiamo un po' nel vivo del concorso di proprio Venezia 80, i premi che sono stati dati. Ripercorriamoli un po' insieme.
[00:01:27] Speaker A: Allora, innanzitutto i premi, contrariamente a quello che era stato per me l'anno scorso, non mi hanno deluso.
non mi hanno deluso particolarmente perché ho avuto la fortuna di vedere i film premiati perché l'anno scorso non avevo visto il film di Guadagnino, non avevo visto Gli Orsi Non Esistono, non avevo visto neanche All the Beauty and the Bloodshed quindi mi ero perso tutto il podio quest'anno a me è andata bene e.
[00:01:51] Speaker B: Sono riuscito a vederli Allora, io l'anno scorso non c'ero, quest'anno, primo anno, allora, un po' di cose che hanno ricevuto il premio sono riuscita a vederle, però, parliamoci chiaro, io adesso mi metto a piangere perché purtroppo non sono riuscita a vedere Pure Things che era il film alla fine.
più atteso e forse anche proprio si sapeva che avrebbe vinto quello Il leone d'oro perché probabilmente io non l'ho visto ma da come me ne hanno parlato tutti insomma erano tutti d'accordo sul fatto che avesse una forza particolare quel film quindi adesso mi metto a piangere momento di silenzio per me e non sono riuscita a vederlo a causa di ritardi, dei vaporetti.
[00:02:31] Speaker A: Volevo giusto dire questo perché ormai è la luce dell'esperienza di due festival se siete nei primi quattro giorni direi che sono quelli più trafficati e c'è un film la mattina presto che dovete assolutamente vedere.
Il film inizierà alle otto, voi un quarto alle sette dovete essere dal battello.
[00:02:51] Speaker B: Ma quel giorno lì, il giorno in cui ho perso Poor Things, però era un giorno un po' sfigato perché comunque c'è stato un ritardo di più di un'ora. Noi eravamo lì già da prima, ero con altre persone, l'hanno perso in tanti.
[00:03:03] Speaker A: Infatti l'anno scorso ho perso Guadagnino per lo stesso motivo.
Poi vabbè, diciamo che se avessi corso sarei riuscito ad arrivarci, ma non corro per prendere l'autobus, figuriamoci se corro per il guadagnino.
Ma diciamoli un po' questi premi.
[00:03:17] Speaker B: Esatto. Allora, partiamo dal premio Mastroianni, che è il premio che viene dato al migliore attore esordiente.
ed è stato premiato Seydou Sar, protagonista di Io capitano di Matteo Garrone e direi su questo siamo d'accordo, premio meritatissimo perché ci è piaciuto tantissimo.
[00:03:38] Speaker A: Lui è emozionatissimo, totalmente travolto dagli eventi sul palco.
[00:03:42] Speaker B: Quando abbiamo visto la premiazione proprio di.
[00:03:45] Speaker A: Seydou era Ha preso il premio ed è scappato senza neanche farsi fotografare, è.
[00:03:50] Speaker B: Stata una scena bellissima. È stato molto tenero e poi vabbè adesso nel corso della puntata parleremo più approfonditamente di O Capitano però Garrone aveva proprio raccontato dei casting che ha fatto proprio in Senegal e come ha trovato Seidou e anche l'altro protagonista del film, insomma una storia anche molto interessante a livello proprio di produzione di come è stato fatto questo film. e poi premi alla miglior sceneggiatura per El Conde.
[00:04:17] Speaker A: Il film di Pablo Larraín che ho visto, è stato il primo film che ho visto a Venezia, mentre tu per una serie di coincidenze e di proiezioni non sei riuscito a vedere.
È un film che trovate su Netflix, su Pinochet nei panni di un vampiro.
È un film molto satirico, quasi fin troppo, cioè nel senso chiaramente da europeo non puoi capirlo fino in fondo.
però in un bianco e nero stupendo.
C'è un plot twist nel finale che è clamorosamente divertente e bello.
[00:04:52] Speaker B: E' una fortuna che sia su Netflix, quindi è un film recuperabile. Diciamo che appunto non era tanto questo il problema di aver perso il conde ma piuttosto ci toccherà aspettare fino a gennaio per Pure Films, giusto per rimettere il coltello nella piaga.
[00:05:05] Speaker A: Mettetelo in watchlist e poi?
[00:05:09] Speaker B: Allora, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Peter Sarsgaard, si pronuncia così.
[00:05:15] Speaker A: Che ha deciso di girare un altro film mentre era sul palco perché è indiretta.
[00:05:20] Speaker B: Durante la premiazione ha fatto un monologo di circa mezz'ora.
I primi due minuti io ero tipo, ah carino, bello questo discorso. Poi dopo un po' ero tipo, ma vabbè, ok.
[00:05:31] Speaker A: Io ho seguito la puntata di Hollywood Party che commentava in diretta i premi e Magrelli nel frattempo ha terminato il contratto è andato in pensione.
[00:05:39] Speaker B: Giusto per farvi capire quanto è stato proprio sintetico nei ringraziamenti.
[00:05:44] Speaker A: Un saluto a papà Enrico comunque.
[00:05:47] Speaker B: Esatto.
[00:05:48] Speaker A: Mentre unico premio che mi ha veramente deluso.
[00:05:52] Speaker B: E qua ti volevo.
[00:05:53] Speaker A: Coppa Volpi a Kaylee Spany, come si pronuncia Spany?
[00:05:59] Speaker B: Boh, non l'ho capito neanche io.
[00:06:01] Speaker A: Non tanto per la materia tecnica nel senso che non ho visto il film di fatto perché lei è l'attrice protagonista di Priscilla Però, e poi adesso la lascio a te il commento sul premio, è salita sul palco, l'ha ritirato come se avesse ritirato il secondo premio al torneo di bocce di Rocchetta Ligure che consisteva in una coppetta e un salame.
Cazzo, è una Coppa Volpi, l'hanno vinta le più grandi attrici della storia del cinema, tu l'hai vinta per quello che prendo per grazia divina, dovresti minimo strapparti i capelli.
[00:06:35] Speaker B: Sì, allora, effettivamente è stato abbastanza alienante il suo arrivo sul palco, il suo modo di prendere questo premio. Poi, ora, niente contro Kelly, però appunto era anche una delle sue prime, uno dei suoi primi ruoli importanti, quindi diciamo è anche una cosa, cioè ha un certo valore vincere la Coppa Volpi per questa interpretazione, quindi un minimo di Insomma, un po' più di entusiasmo, animo. Allora io ho visto Priscilla, film di Sofia Coppola, anche questo era molto atteso. Allora intanto prima, piccola parentesi, dico non ne posso più di questi biopic perché basta. Poi vabbè, io mi sono presa anche Ferrari e Maestro, forse Priscilla alla fine.
Era quello più lineare come biopic che ho visto a Venezia e non è che sia un brutto film. A me non ha più di tanto colpito, però sicuramente la storia che racconta, cioè la famosa versione di Priscilla della storia di Elvis, proprio del matrimonio con Elvis, è un tema sempre molto importante perché la storia non è solo quella di Priscilla ma proprio in senso più ampio è quella di un rapporto malsano appunto con Elvis e in generale insomma una cultura molto patriarcale e lei che rimane imprigionata in questa storia.
Ora lei era in coppia con Giacobbe Lordi che faceva Elvis e alla fine il suo lavoro l'ha fatto nel senso che non è che ha fatto una brutta prova d'attrice ci stava, nel senso, ok, però non mi ha colpito così tanto e forse questo premio, non lo.
[00:08:16] Speaker A: So, poteva ceverlo in un'altra attrezione. Per me è rapinata Lea Seydoux in La Bête di Bertrand Bonnello.
[00:08:22] Speaker B: Hanno detto che era una buona interpretazione quella di Lea Seydoux.
[00:08:25] Speaker A: Ma anche solo, ripeto, poi il film non l'ho visto, è un po' cosensato paragonarlo, ma anche piuttosto Penelope Cruz, solo per il fatto che Lei è sempre a Venezia, c'è a casa Lido a momenti perché ogni edizione del festival c'è sempre lei, però Penelope Cruz in Ferrari ha un ottimo ruolo.
[00:08:41] Speaker B: A me è piaciuta molto Penelope Cruz in Ferrari, specialmente in alcune scene è stata molto brava, forse in altre un po' caricata, però magari appunto anche proprio per le indicazioni che le ha dato Michael Mann, essendo il suo personaggio un po' vulcanico. Però nel complesso anche a me Penelope si è piaciuta molto e forse sì, forse lei lo meritava il premio quest'anno.
[00:09:05] Speaker A: Priscilla uscirà al cinema e poi su MUBI, quindi comunque è un film che vale la pena, come tutti i film, recuperare, specialmente se vi interessa.
[00:09:14] Speaker B: Sì, sicuramente è un film che va visto, perché comunque Sofia Coppola è una regista che personalmente apprezzo molto.
Forse io... sì, lei è una regista minimalista, è sempre molto diciamo... Cioè, è stato anche bello il fatto che abbia raccontato questa storia in modo lineare, anche molto oggettivo, cioè Priscilla non è vittimizzata, insomma, le cose sono raccontate per quello che sono e poi va anche detto che il film è tratto proprio dal libro che è stato scritto da Priscilla, Elvis and Me, quindi proprio la storia personale di Priscilla e del suo matrimonio con Elvis.
però comunque non è un film che mi ha proprio trascinato, travolto. Io cerco sempre anche un po' quello in un film così, soprattutto se è di una regista che apprezzo molto come Sofia Coppola, però vabbè, insomma, così.
[00:10:04] Speaker A: Passiamo ai leoncini.
Premio speciale della giuria a Agnieszka Holland per il suo Green Border.
un film che è veramente pesante per l'animo da guardare io l'ho visto abbastanza ignaro di cosa si trattasse film alle 11 del mattino sono uscito alle 13 e un quarto senza appetito perché da quello che ho visto non tanto per la violenza in sé, ma quanto per la pesante consapevolezza e il peso che gravava sulla mia coscienza di europeo, perché è un film sugli immigrati, uno dei due film sugli immigrati premiati in questa Venezia, sugli immigrati, diciamo, in quel limbo di terra tra Bielorussia e Polonia.
I migrati che arrivano in Bielorussia sono storie che si sono acutizzate dal 2014, comunque dalla metà degli anni dieci di questo secolo, proprio per pinta di Lukashenko, cioè sono proprio i migrati attirati fisicamente con pubblicità quasi invitati ad arrivare da Lukashenko da usare come armi umane nei confronti dell'Unione Europea e della Polonia in sua confinante.
Ma quello che si vede è veramente qualcosa di scioccante.
Per quanto ci siano tutte cose che ci passano davanti agli occhi, ma finché non le vediamo davvero a schermo, non ci rendiamo conto della gravità di questa situazione.
Perché se la Bielorussia tratta come bestie questi uomini, la Polonia, e quindi di riflesso l'Unione Europea, non è assolutamente da meno, anzi peggio.
Vediamo la storia di questa famiglia iraniana, se non ricordo male, che nel viaggio accoglie e consegna al suo gruppo una donna afghana che parla molto bene inglese, una maestra degli elementari afghana che prima dell'arrivo dei talebani viene appunto in Bielorussia, pensando di avere un corridoio per l'Europa, ovviamente grazie alle menzogne di Lukashenko, e vediamo questa storia di loro che riescono, proprio i soldati di una o dell'altra fazione aiutano gli altri a passare il confine, anzi, i bielorussi aiutano a passare il confine verso l'Europa, i polacchi prendono gli immigrati e li ributtano fisicamente sollevandoli oltre lo filo spinato e si parla di uomini, donne, bambini, donne incinte e quindi è veramente un dramma su tutti i piani e questo film in un bianco e nero pesantissimo racconta degli immigrati e degli attivisti che sono gli unici personaggi positivi in questo film, gli unici che fisicamente si mettono in pericolo, si dedicano totalmente a cercare di dare queste persone un minimo di speranza di sopravvivenza portando generi alimentari e qualche documento da firmare per cercare di ottenere asilo politico che si ottiene per mere questioni burocratiche in Polonia e quindi in Europa.
Il finale di questo film è veramente qualcosa di incredibilmente coraggioso, qualcosa che chiude ogni speranza di anche solo essere nominata agli Oscar Agnieszka Holland, perché c'è un parallelismo con la situazione di immigrazione sempre dall'est Europa attuale, veramente forte e va veramente a riflettere, un finale di una coraggiosità politica come non se ne sono visti sicuramente a Venezia quest'anno.
Non ci è ancora dato sapere se e quando Green Border uscirà al cinema, sicuramente da qualche parte uscirà perché comunque la Holland è un'autrice, una cineasta molto importante e quindi monitorate il futuro di questo film perché ne vale veramente la pena, è un discorso di civiltà guardare questo film, ha i suoi difetti perché è comunque un film di fiction che racconta cose molto pesanti a livello personale, riferito ovviamente ai personaggi e quindi c'è un po' di disonestà di fondo nel raccontare certe immagini e certe sequenze sono quasi pornografiche, c'è la famosa pornografia del dolore nel senso è un po' un dolore che in quel contesto è fina a se stesso, quindi questo ve lo dovevo dire per per onestà intellettuale mia, quindi va visto assolutamente, poi prendetelo per quello che è, quindi un film di finzione che si propone di raccontare la realtà, quindi c'è di mezzo un filtro e in tematiche così delicate queste cose è sempre meglio ricordarle.
Io ho chiuso, scusate, mi sono fatto un po' prendere.
[00:15:26] Speaker B: E adesso passiamo invece a Leone d'Argento per la migliore regia, cioè Io Capitano.
Abbiamo già detto all'inizio della puntata, è film di Matteo Garrone e Seydou Sar, che è uno dei due protagonisti del film, ha vinto il premio Mastroianni. L'altro protagonista è interpretato da Mustafa Fall e appunto Garrone fece dei casting in Senegal per trovare praticamente tutti gli attori del film e è tutto in lingua, in Wolof e in francese. Wolof mi pare si pronunci, che è appunto la lingua parlata a Dakar e appunto parlata dai nostri due giovani protagonisti senegalesi e che appunto nel film sono Seidou e Moussa e poi anche è in francese ed è un film... è bello questo anche il fatto appunto che Garrone abbia voluto mantenere la lingua originale.
C'era anche stato un tentativo di doppiaggio, ha detto Garrone, intervistato subito dopo la prima di O Capitano, però ovviamente si perdeva la forza appunto di quella lingua e di tutta la storia. Il film che racconta l'odissea di questi due giovani cugini, Seidou e Moussa, Tra.
[00:16:40] Speaker A: L'Altro cugini anche nella vita vera.
[00:16:43] Speaker B: Cugini nella vita vera, non sapevo questo. E quindi loro hanno questo sogno di arrivare in Europa, arrivare in Italia e all'inizio c'è anche una grande spensieratezza nei confronti del viaggio che dovranno fare. Forse anche sembrano quasi un po' ingenui, un po' sproveduti.
I due personaggi Sono estremamente affascinanti a parer mio perché hanno proprio questo candore, sono estremamente naif e qui appunto va detto grandissime interpretazioni meravigliose dei due giovani attori. Ci trasmettono tutto questo senso anche proprio dell'avventura, quindi loro partono di nascosto dalle loro madri, lasciano Dakar e inizia il loro viaggio dal Senegal per arrivare poi fino in Libia e poi lì poi si imbarcheranno per le coste italiane, verso le coste italiane. Quindi Garrone vuole raccontarci questa storia dal loro punto di vista e l'ha detto più volte in diverse interviste non è tanto vederli arrivare sulla barca un po' come può essere sul barcone come può essere il nostro punto di vista ma è seguirli dall'inizio e il viaggio parte molto prima cioè il viaggio in mare è solo l'ultimo diciamo l'ultimo ostacolo che devono affrontare ed è proprio come se fosse eh un viaggio appunto epico come se fosse un'odissea ma ci sono anche tanti toni diciamo eh legati al al mondo eh quasi delle delle fiabe e perché vabbè Garrone appunto in questo film eh vuole proprio raccontarci quasi più...
è come se fosse anche un romanzo di formazione.
[00:18:26] Speaker A: È proprio questo il punto perché si sono mosse legittimamente tante critiche al film accusandolo di diverse cose addirittura chi dava a Garrone del Meloniano perché di fatto questi due ragazzi che partono dal Senegal in Senegal non ci stanno neanche poi così male. Insomma, è chiaro, fanno un lavoro, sono poveri, però hanno una famiglia, stanno bene, sono felici, nessuno trova dei motivi così disperati per partire e mettersi in viaggio.
Però è proprio il tema fiabesco che menzioni, ma è proprio tipico della poetica garognana, perché ovviamente per Pinocchio, ma anche se vuoi in Dogman, cioè il fatto stesso sono due film estremamente reali, attaccati alla terra, attaccati all'umanità, però anche in Dogman quel quartiere lì, le sue atmosfere, l'elemento dei cani, così come, insomma, costruisce una sorta di dialone favolesco attorno alla vicenda.
In questo film ci sono dei momenti che potrebbero far storcere il naso se ci si aspetta un certo tipo di film.
perché come, non so, l'ha attraversato il mare, il mare e non ci sono tempeste, è tutto liscio, la barca funziona, ma sarebbe solo stata una cosa tra l'altro terribilmente noiosa narrativamente, terribilmente banale, ma non è quello il punto del film, non è che vogliamo fare un documentario come può essere, non so, Fuoco al mare di Gianfranco Rosi del 2016. è un film che ci aveva anche provato, io mi sento anche di difenderlo, Checozzalone con Tolo Tolo, poi non aveva funzionato questo racconto, questo ribaltamento di prospettiva, stavolta vissuto dal personaggio di Checozzalone, non aveva funzionato perché male si sposava quel personaggio all'interno di quel contesto e tutto perdeva forza.
mentre Garrone invece con un lavoro estremamente fine, estremamente delicato e sensibile riesce a costruire questo pinocchio senegalese perché di fatto è un pinocchio con estrema delicatezza e credibilità salvo in qualche piccolo punto che poi magari andiamo a toccare.
[00:21:04] Speaker B: Io sono completamente d'accordo perché appunto questo viaggio tutti diciamo gli ostacoli che Seidou e il suo cugino Moussa devono superare e appunto sono tutti visti in questo ambito anche un po' appunto onirico e anche come se fosse cioè sono tutti tasselli di un percorso che poi diciamolo ha un lieto fine ma è giusto che sia così. Perché non era l'intento di Garrone quello di fare un film, come abbiamo già detto, estremamente documentaristico che ci facesse vedere. Cioè, in realtà, ai Neocapitano si vedono anche delle cose molto crude.
Questa parte sicuramente, cioè Garrone non è che ha detto, è un viaggio, una passeggiata di salute, cioè attraversare il Sahara e tutto quello che succede, il rapporto che poi avranno con gli scafisti e insomma tutto quello che devono superare sono ovviamente delle prove dure e ti fanno riflettere sulla vera situazione che noi viviamo tutti i giorni, che basta accendere un telegiornale Però Garrone è come se poi creasse una cosa che è un po' a sé stante. Il film è una storia a sé stante, è questo percorso di Seidu e del suo amico e alla fine lui raggiunge quello che deve raggiungere, è proprio un percorso di formazione e poi ci sono tantissimi elementi onirici.
Quindi è anche un film proprio bello da guardare.
[00:22:38] Speaker A: Assolutamente.
[00:22:39] Speaker B: Però che comunque fa riflettere. Io questa cosa ci credo. C'è un film che tu empatizzi così tanto con il viaggio che fanno questi due ragazzi, che è impossibile comunque, anche se è tutto appunto in una dimensione fiabesca, onirica, è impossibile comunque non farsi delle domande sulla realtà.
E questo secondo me è l'equilibrio perfetto che è riuscito a creare Garrone.
[00:23:01] Speaker A: Poi davvero empatizzi per la loro ingenuità.
e in qualche modo ti ci rivedi perché anche noi a 15 16 anni avevamo sogni che però non abbiamo che anche i nostri sogni bene o male sono stati ridimensionati ma solo per essere nati dall'altra parte del Mediterraneo non con questa violenza.
quindi questo forse è l'elemento di connessione tra noi e loro.
Certo appunto si può muovere in questo senso una critica a Garrone, cioè sempre ritornando alle critiche che si possono fare ma smentite dal film che è, perché effettivamente se un regista italiano con truppa italiana medio-borghese, comunque non ha mai vissuto sulla propria pelle, forse tramite interposta persona andandosi a cercare, ma comunque se vuole raccontare con una certa dose di verismo non può farlo, nel senso non puoi...
il cinema purtroppo è uno strumento potente e va usato con consapevolezza.
Garrone, mettendola in questi piani, questa consapevolezza ce l'è come. Non ha la presunzione di raccontarci cose che di fatto, come noi, lui non sa.
[00:24:14] Speaker B: Sì, sì, sono completamente d'accordo.
Poi io ho apprezzato tantissimo la colonna sonora.
Ho trovato che accompagnasse in modo perfetto il viaggio di questi due ragazzi e soprattutto anche nella prima parte, le prime fasi del viaggio, ancora prima di arrivare nel Sahara, che poi quella sarà una parte diciamo un po' più più dura da affrontare, anzi molto dura da affrontare, però proprio anche c'è una spensieratezza, un entusiasmo tra di loro e il tema della musica è importante perché loro vogliono andare in Europa, in Italia anche per questo, anche per fare per fare della musica rap mi pare di ricordare e mi pare anche che, anzi no no, avevo controllato nella colonna sonora ci sono alcuni pezzi che sono proprio cantati da Seydou Sar. E quindi io l'ho, l'ho apprezzato tantissimo, anche proprio l'accompagnamento musicale di questo viaggio, per non parlare appunto di vari momenti onirici che lì è proprio puro cinema di garrone e esce fuori tutta anche la poetica, la poesia, proprio la poesia visiva che poi è anche questo il cinema.
Quindi diciamo ci è piaciuto molto, io capitano.
[00:25:31] Speaker A: Il finale è stato veramente sconvolgente, Io, per le ripetute botte di culo, per i ripetuti colpi di fortuna che ho avuto durante la mostra, sono riuscito a vederlo in sala col cast.
È stato l'unico film che mi ha fatto versare, in questo caso, anche parecchie lacrime nel finale.
Ma anche solo ricordo di quella sala grande, della standing ovation che c'è stata, della commozione di tutto il cast, perché erano comunque una ventina di persone coinvolte, non so se tutti senegalesi, ma comunque di etnia africana coinvolte in quella proiezione, quindi c'era un sacco di persone che si commuovevano, storie Instagram.
[00:26:16] Speaker B: Che bello.
[00:26:18] Speaker A: Insomma, è un film che mi rende orgoglioso comunque, che sia nato nel mio paese, come un sentimento che avevo durante il film, bene o male, che bello quando riusciamo a far sì che le cose funzionino, a dare a queste persone un futuro, il futuro che comunque per essere umani si aspetta il loro diritto.
Quelle poche, tante, ognuno ha proprio una coscienza politica, volte che funziona, il nostro tessuto sociale, insomma, a me inorgoglisce, quindi vabbè, volevo solo dire queste cose qua.
[00:26:50] Speaker B: Sì sì, e poi ovviamente se si tratta poi di temi così delicati, cioè la realtà è molto più complicata di un film, non è appunto questo film la vera realtà, però un film può farti riflettere, può darti tanto e anch'io ho pianto tantissimo e l'empatia, cioè ci ricorda che l'empatia è veramente una cosa comunque preziosa e importante, non potrà risolvere magari i problemi Però, insomma, è già tanto secondo me quello che ci ha dato questo film.
[00:27:22] Speaker A: Poi pensa alla differenza comunque di dire, di sentire.
Se hai ribaltato un barcone con 100 persone a bordo e vedere cosa vuol dire 100 persone in un barcone.
[00:27:33] Speaker B: Sì, perché non sono due minuti di telegiornale ma è un viaggio che dura due ore e li segui passo passo e quindi da quel punto di vista lì si possono fare tante critiche, adesso non ci vogliamo ripetere su cose già dette, però Secondo me invece è un film che da quel punto di vista lì è riuscito, per l'equilibrio, è riuscito a creare la riflessione sul tema reale e poi anche una deformazione artistica, creativa, cinematografica che però è veramente emozionante.
[00:28:08] Speaker A: Quindi, correte al cinema, supportate la fortunatissima distribuzione che sta avendo Io Capitano, nonostante sia un film in lingua non italiana.
È stato candidato, cioè è il film che rappresenterà il nostro paese agli Oscar, secondo me avrà anche un bel percorso, con anche aria di premio, speriamo vivamente. Quindi andate al cinema a vederlo, assolutamente, finché va visto al cinema.
Passiamo al gran premio della giuria, leone all'argento, a Ryuzo Kamaguchi per Evil Doesn't Exist, non so come sarà tradotto in italiano perché c'è il problema che in italiano abbiamo anche il male non esiste quel capolavoro incredibile di cui vi prometto vi parlerò in questo podcast del 2020 di Muhammad Rasuluf, leone d'oro al Festival di Berlino del 2020, film iraniano, il regista è stato poi incarcerato e scarcerato qualche mese fa, ma appunto credo che per non far confusione potrebbe esserci un altro titolo italiano, comunque il male non esiste la traduzione del titolo.
Ryuzo Kamaguchi con tre film che sono Il gioco del destino della fantasia, Il più fortunato dei tre, Drive my car e quest'ultimo si porta a casa, Leone d'argento a Venezia, Palma d'oro a Cannes, Orso d'argento a Berlino e Oscar al miglior film straniero. Eh, insomma, diciamo che non sta...
tutto questo in due anni e mezzo. Diciamo che non sta passando troppo male il nostro Ryosuke.
[00:29:48] Speaker B: No, no, direi che...
[00:29:49] Speaker A: Dove va lo premiano, anche quando il film in realtà non lo voleva fare, perché...
[00:29:54] Speaker B: Allora esatto, in principio c'era la musica di Eiko Ishibashi che è la musicista che aveva già composto le musiche per Drive My Car e appunto a Eiko Ishibashi le viene proposto di fare una performance live con dei video, dei filmati in accompagnamento, di accompagnamento come se fosse quasi un'opera tipo di video arte, una cosa del genere.
e quindi lei subito si rivolge ad Amaguchi, con cui appunto si era trovata molto bene, c'era stata una bellissima collaborazione ed era nato anche proprio un rapporto di amicizia. Si rivolge ad Amaguchi, quindi vengono fatte le riprese per questi filmati di accompagnamento alla musica di Shibashi e diventa un piccolo film, un cortometraggio, un mediometraggio che si chiamava Gift, solo che a quel punto lì c'erano già troppe idee e allora Shibashi e Amaguchi hanno deciso di continuare e proprio scrivere una vera sceneggiatura per quello che poi sarebbe diventato un vero lungometraggio, cioè Il male non esiste. perché già nel primo nucleo di riprese filmati di accompagnamento per la musica c'erano già i temi appunto quelli della natura e quindi le riprese per esempio degli alberi, le bellissime riprese sui alberi, sui prati, ruscelli e c'era anche già il tema dell'arrivo diciamo di un glamping che potesse disturbare la quiete di quei posti, di quei luoghi e poi però insomma diciamo il progetto è andato avanti e è diventato questo film.
[00:31:39] Speaker A: Ecco, questo film appunto...
[00:31:41] Speaker B: Sentiamo adesso la trama.
[00:31:43] Speaker A: A parte che si apre con questa meravigliosa ripresa delle chiome degli alberi viste da sotto, sottofondo il cielo, che nello scorrere di questo carrello lunghissimo rievocano alla mente un fiume e poi vedremo che proprio il tema dell'acqua è un tema ricorrente durante lo stesso film.
E appunto è un film ambientato in questa campagna giapponese che vive di una quotidianità molto semplice, molto legata alla terra, l'acqua del ruscello usata per fare gli udon, il tuttofare del villaggio che spacca la legna.
Questa quotidianità rurale viene a un certo punto turbata dall'arrivo di questa impresa di spettacolo di questi due personaggi che la rappresentano che si manifestano la loro volontà di comprare un terreno per costruire un glamping cosa che con sommorrore ho appreso esiste già che sono dei campeggi a 5 stelle diciamo dove non c'è nulla di naturale però si dorme in tenda in ambienti lussuosissimi tutto appunto glamping e lacrasi tra glemur e camping insomma si propongono di fare questo questo villaggio turistico chiamiamolo così con un certo fare inconsapevolmente quasi prepotente è indelicato nei confronti di quelle che sono le dinamiche invece della vita di questi posti.
[00:33:20] Speaker B: Sì, della comunità di questo villaggio tra le montagne dietro Tokyo che si chiama Mitsubiki.
Ah, brava. Mitsubiki, sì sì.
[00:33:28] Speaker A: Tu hai fatto i compiti a differenza mia.
[00:33:30] Speaker B: Mitsubiki e quindi per me questo film è stata l'esperienza cinematografica che mi ha dato di più a Venezia 80. Perché è un film sul rapporto tra uomo e natura ed è un film che scorre lentamente, proprio come il ritmo della vita degli abitanti di questo villaggio, scorre lento proprio come un ruscello.
lento ma inesorabile fino ad arrivare a quell'ultimo atto finale appunto del film che è spiazzante, è un ultimo atto crudo e così diretto solo come la natura sa essere, a parer mio.
E quindi diciamo che c'è questo finale così spiazzante per me, ma anche catartico. Il male non esiste in natura, ma se a un certo punto esiste, esiste per colpa di uno squilibrio che ha creato l'uomo. E penso che sia questo proprio uno dei temi centrali del film. Quindi lo squilibrio che crea l'uomo e invece il diciamo uno dei protagonisti del film appunto il tuttofare del villaggio che si chiama mi pare Takumi.
[00:34:47] Speaker A: Ma come sei brava Bea!
[00:34:48] Speaker B: Volevo sapere tutti i nomi precisi giapponesi però aspetta si era giusto si era giusto vabbè Takumi.
[00:34:54] Speaker A: Ah se li hai scritti se li hai scritti.
[00:34:56] Speaker B: Però li ho detti senza leggerli ho solo ricontrollato Allora Takumi appunto è il tuttofare del villaggio ed è anche quello che in qualche modo riesce a fermare, diciamo, come quelli lì dell'agenzia di spettacolo che vogliono a tutti i costi portare questo glamping in questi luoghi, cerca di fermarli, cerca appunto di discutere con loro e lui è un uomo appunto a differenza di quelli che vengono da Tokyo, di quelli che vengono dalla città, è un uomo che conosce la natura e ha imparato a vivere in stretta simbiosi con la natura e a tutti i costi vuole difendere questo equilibrio tra uomo e natura ad ogni costo.
[00:35:44] Speaker A: Sì, devo dire che Amaguchi si rivela essere una persona, un cineasta capace di raccontare la quotidianità con una sensibilità che veramente per ritrovarla bisogna andare, rimanere in Giappone ma andare Indietro anni e decenni è arrivato Yosu, il maestro giapponese del cinema umano, nel senso proprio attaccato alla quotidianità umana.
Perché per esempio scene come quella bellissima dove il ragazzo dell'agenzia di spettacolo si mette a spaccare la legna, prima con fare fallimentare, ma è veramente, io che l'ho vissuto, cioè io quando ho imparato a spaccare la legna è stato esattamente, ho avuto esattamente le stesse reazioni. Insomma, non so come spiegarlo bene a parole, ma è veramente una cosa che ti riempie il cuore.
C'è una sensibilità dietro quest'uomo che è incredibile.
[00:36:54] Speaker B: È incredibile, una sensibilità per i dettagli. A parte che anche appunto la musicista Eko Ishibashi ha detto in un'intervista... Sì, le musiche sono incredibili. Cioè, proprio immagini e musica, natura e musica sono proprio il film.
però appunto dicevo Heiko Ishibashi in un'intervista ha detto proprio che secondo lei il modo di dirigere di Amaguchi è proprio musicale, poetico e musicale e questo tema della musica appunto è importante questa questa sorta di sinfonia in mezzo alla natura e trovo che sia bellissimo poi a livello proprio di come è stato creato questo film e il rapporto con con questa musicista perché trovo che sia proprio bello. È un film dove esce veramente tanto la colonna sonora, è protagonista a tutti gli effetti.
E per quanto riguarda quelle scene, quelle sequenze che sono fatte solo di natura, di riprese, inquadrature sugli alberi o sui prati, sui paesaggi nei lintorni di questo villaggio, Eh per me è stato come se Amaguchi volesse donarci quel tempo così lento a noi spettatori per farci immergere innanzitutto in quel contesto e poi anche proprio per farci riflettere su quanto conosciamo la natura. Sembrava chiederci ma quanto la conoscete la natura? Per voi forse è diventato, cioè per molti di noi forse è diventata un'estranea ed è così per quelli che arrivano da Tokyo.
Sembrerebbe un film, forse per tutto quello che abbiamo detto, anche proprio per questo tema catartico delle immagini della natura, potrebbe anche sembrare per buona parte della sua durata un film conciliante, ma è tutt'altro.
[00:38:49] Speaker A: E' curioso comunque come quest'anno particolarmente, intendo proprio come anno 2023, Forse anche per questo principio di tendenza che sta vedendo alcune persone spostarsi dalla città verso la campagna, cosa che invece è avvenuta ovviamente nel secolo scorso totalmente al contrario.
Ci sono tre film che ho visto quest'anno, tra l'altro tre film che finiranno sicuramente in top 10, che sono Asbestos di Rodrigo Sorogoyen, Le otto montagne di Félix Vandermeersch e Charlotte.
[00:39:29] Speaker B: Difficile, tutti e due è difficile.
[00:39:31] Speaker A: Belgio non mi è amico.
[00:39:32] Speaker B: Già tanto che te ne sei ricordato uno, perché io proprio non li ho mai imparati.
[00:39:36] Speaker A: Comunque le otto montagne e quest'ultimo il male non esiste sono tutti tre film che tra l'altro si declinano tutti in tre direzioni diverse di rapporto conflittuale e poi questo conflitto o sfocia in battaglia o viene conciliato tra l'uomo di città e l'uomo di campagna e il rapporto stesso che c'è tra la natura e l'uomo di campagna e l'uomo di città Quindi sono tre film totalmente diversi, di tre paesi diversi, due continenti, che però in questo tema davvero declinano.
Vuoi anche per condizioni socioculturali, ambientali, in maniera totalmente diversa, però la parte della partenza è una sola, questo conflitto.
[00:40:28] Speaker B: Io purtroppo Asbestos non l'ho visto e lo vorrei recuperare però me ne avevi parlato e insomma era un film molto interessante proprio perché avevamo appunto parlato di questo tema centrale del conflitto, natura, uomo di città, uomo di campagna e invece Ho le otto montagne l'ho visto e anch'io sì ho trovato proprio questo parallelismo per quanto riguarda alcuni temi e poi ovviamente sono film completamente diversi, storie diverse, finali diversi e tutto quanto cioè vanno proprio a parare in direzioni completamente diverse. Però sì, appunto questo film di Yamaguchi non è conciliante, è un film duro, è un film crudo, spiazzante, ripeto, perché questa per me è stata la reazione.
Però è un film su cui tu poi rifletti e hai un senso di catarsi allo stesso tempo, pur essendo così spietato nell'ultimo atto.
[00:41:24] Speaker A: Ci dimostrano questo che il mondo viaggia con velocità diverse e accelera in modi diversi in ogni zona e forse il divario, c'è certe certe aree geografiche viaggiano a una velocità forse sta diventando troppo grande rispetto ad altre che sono nebbiano nel mare ferme.
e quindi forse questi conflitti iniziano a emergere adesso.
Poi, per carità, i film di Pozzetto li abbiamo visti tutti, però questo sta assumendo una forma conflittuale secondo me solo adesso.
E concludiamo con il grande assoluto vincitore, che mi sono mortificato per Bea che non ho riuscito a vedere, Io esco.
[00:42:14] Speaker B: Dalla cabina radio e mi metto a piangere.
[00:42:17] Speaker A: Oltre le grandi lacrime già versate prima.
Che è, povere creature, di Giorgos Lantimos.
Non vi dirò tanto perché vi dirò giusto quello che serve per, come se ce ne fosse il bisogno, convincervi ad andarlo a vedere a gennaio.
[00:42:31] Speaker B: Mi deve convincere Luca, per forza.
[00:42:34] Speaker A: L'Antimus ci accompagna in questo mondo dalle tinte meravigliosamente attratti steampunk, tinte surreali, colori superaccentuati, i suoi soliti obiettivi che stravolgono i bordi dello schermo con fuochi assurdi.
Quindi in questo mondo assolutamente è davvero un Frankenstein che incontra Pinocchio, che incontra Barbie, per quello che definirei così questo film.
Un film che fortunatamente, in controtendenza rispetto a quello che stiamo vedendo, non ha paura di mostrare corpi nudi, non ha paura di mostrare L'emancipazione femminile tramite anche la libertà sessuale femminile, perché sembra che tutti possano fare tutto, ma a quanto pare nulla si può vedere, cioè siamo arrivati a un grado di autocensura e timore pari a quello che potevamo avere negli anni 50, siamo trovati indietro di 70 anni, Secondo me questo Povere Creatura è tutto ciò che Barbie non è stato perché è un film che parla di emancipazione femminile e se vogliamo anche un coming of age cerebrare più che fisico perché adesso vi racconto giusto l'incipito della trama per mettervi ancora più curiosità ma comunque credo che siano cose che siano già risapute. Questo scienziato pazzo, questo novello Frankenstein interpretato da un meraviglioso Willem Dafoe ripesca il cadavere di una giovane donna suicida Emma Stone mai così meravigliosa secondo me che questa donna oltre a essere suicida era anche incinta ripesca questo cadavere e il cervello della donna ormai è andato ma il cervello del figlio no quindi impianta appunto questo cervello nella testa della madre e vediamo quindi questa Emma Stone all'età cerebrale di 2-3 anni iniziare a scoprire il mondo e iniziare a scoprire se stessa e piano piano acquisire sempre più consapevolezza a un certo punto decidere di partire e andare a vedere il mondo Il film veramente è incredibile, è assurdo, è divertentissimo, si ride da qualcosa dopo l'inizio fino alla fine, è di una acutezza e finezza intellettuale veramente da applausi.
ma davvero non voglio dirvi niente faremo una puntata a riguardo perché se lo merita si merita un'altra ora di commenti a gennaio così la povera Bea non mi si spara, non si spara in cabina di registrazione che poi pulire sarebbe anche un casino.
[00:45:31] Speaker B: Questo tocca un po' splatter, un po' tarantiniano.
[00:45:38] Speaker A: Però fammi chiudere.
[00:45:38] Speaker B: Poi devi chiamare il signor Wolf.
[00:45:39] Speaker A: Fammi chiudere con una riflessione su questo festival sui film che abbiamo visto perché abbiamo visto tanti film che raccontano che si presuppongono di raccontare la realtà tramite allegorie, tramite favole, tramite simboli conosciuti, a partire da Poor Things, che è un allegoria continua, passando dal Male non esiste, con un finale che anche lì è molto allegorico, Abbiamo detto tanto di Io Capitano, ma anche finalmente l'Alba, questa dimensione fiabesca.
[00:46:20] Speaker B: Onirica.
[00:46:21] Speaker A: Onirica, insomma.
E così come tanti altri film.
Cosa che non abbiamo menzionato, la Bette è molto pregna di metafore.
E il Conde.
[00:46:34] Speaker B: Eh vabbè, ok.
[00:46:35] Speaker A: Così come gli altri film di vampiri.
quattro film di vampiri in concorso, nei vari concorsi.
Quindi c'è questa tendenza di raccontare il reale, raccontare Pinochet, ma come se fosse un vampiro.
[00:46:49] Speaker B: Sì, tramite il linguaggio fantastico.
[00:46:51] Speaker A: Forse perché, e questa è una mia speculazione, una mia interpretazione, Riusciamo a leggere il mondo ma non riusciamo a raccontarlo perché si muove a una velocità molto oltre le nostre possibilità e quindi abbiamo bisogno di ricondurci a cose che conosciamo, cose già viste, a simboli che sono parte della nostra cultura e del nostro essere.
Non so, io ho questa lettura, questa volontà, questo sentimento di voler raccontare il.
[00:47:20] Speaker B: Mondo ma appoggiandosi a tutto, diciamo, quel bagaglio di riferimenti appunto un po' più fantastici, onirici.
Sì, sì, sì, potrebbe essere proprio questo. C'è un'incapacità magari di raccontare proprio la realtà in senso stretto.
[00:47:41] Speaker A: Una capacità, una non volontà comunque.
[00:47:43] Speaker B: Sì, e più una volontà invece di diciamo mediare, perché poi comunque sono storie realistiche, però insomma mediare con un po' di elementi fantastici o onirici, sì potrebbe essere.
[00:48:00] Speaker A: Allora siamo andati lunghissimi ma ne valeva la pena siamo comunque molto soddisfatti di aver visto tutti questi film e di essere andati a Venezia e averveli raccontati.
[00:48:13] Speaker B: Abbiamo altro da aggiungere Ma io direi chiudiamola qui, soprattutto facciamo un'opera di bene, finiamo la puntata.
[00:48:22] Speaker A: Dopo l'ora è un sequestro di persone.
[00:48:24] Speaker B: È abbastanza.
[00:48:25] Speaker A: Adesso siamo un'ora e un minuto, non so in montaggio cosa verrà.
[00:48:28] Speaker B: Sì, magari in montaggio poi riusciremo a smaltire un po' di materiale, lo faremo per voi, però insomma possiamo anche chiuderla qui.
Allora, stavolta la dico io, la famosa frase di Luca. Allora, seguiteci sui nostri social, anzi sull'unico social, cioè su Instagram, cinema underscore passengers e anche seguite su Instagram unigeradio, che appunto produce tanti altri podcast oltre al nostro.
E poi, niente, Luca, dobbiamo sempre trovare una chiusa migliore del solito ciao alla prossima.
Cosa possiamo dirgli?
[00:49:08] Speaker A: Beh possiamo far finta di niente e far partire la sigla nel frattempo.