Ep. 28: Civil War

Episode 28 April 27, 2024 00:47:28
Ep. 28: Civil War
Cinema Passengers
Ep. 28: Civil War

Apr 27 2024 | 00:47:28

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Dopo i film sci-fi "Ex machina" e "Annientamento" e il recente folk-horror "Men", Alex Garland porta avanti la sua sperimentazione artistica mescolando film di guerra, road movie, racconto di formazione e fotoromanzo. Il risultato è già cult: "Civil War".

Una riflessione su cosa significa documentare la guerra e immortalare la violenza, soprattutto per chi lo fa. Coraggio o alienazione? Senso del dovere civile o ego? Volontà di testimoniare la violenza o pornografia del dolore? Ne parliamo in questa puntata.

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Episode Transcript

[00:00:00] Speaker A: Signore e signore, benvenuti a bordo. La puntata 28 di Cinema Passengers sta per cominciare. [00:00:26] Speaker B: Ed eccoci di nuovo qui. Oggi appunto parliamo di Civil War, questo film che possiamo dirlo ci ha appassionato a tutti e tre, devo dire. [00:00:35] Speaker A: Adorato, adorato. [00:00:38] Speaker C: Grazie. Devo chiederti scusa, in questa puntata devo chiederti scusa. perché ci siamo dimenticati di dirti che ci mancavano. [00:00:48] Speaker A: E' vero! [00:00:48] Speaker B: Adesso sono più contenta, grazie. [00:00:50] Speaker A: Adesso cambiamo la grafica e mettiamo Bea a punta esclamativa invece che Gloria a punta esclamativa. [00:00:56] Speaker B: Adoro, bellissimo. No perché va beh, Gloria, puntata potentissima, film che io devo ancora recuperare peraltro con al centro la musica, mi è dispiaciuto non esserci però avete insomma fatto un ottimo lavoro e oggi però si ritorna con appunto questo fantastico Civil War e io sarò anche molto di parte perché, lo scopriremo tra poco, è centrale il tema della fotografia, del documentare la guerra, del lavoro del fotoreporter, che è una cosa che mi appassiona. [00:01:27] Speaker C: Torna A24 con un altro film clamoroso dopo la zona di interesse anche questo Civil War piano piano sta iniziando a far parlare sempre più di lui specialmente per ovvie ragioni in America. Di cosa parla questo Civil War? Siamo appunto negli Stati Uniti uno stato ormai al collasso perché siamo nelle ultime fasi di una terribile guerra civile scoppiata per la ribellione di alcuni stati, tra cui Texas e California, contro il governo federale. Proprio ormai la popolazione è esasperata, vediamo il film si apre con un attentato e ci dichiara subito il film e il suo intento di mostrare il dolore, la violenza, nuda e cruda. E conosciamo subito questa troupe, questo gruppo di reporter che, fiutando la fine della guerra, fiutando il crollo imminente del governo, vuole attraversare gli Stati Uniti per un'ultima intervista al Presidente. Il Presidente, interpretato da Nick Offerman, ha tanti ruoli iconici, comunque molto forti, specialmente il suo che apre con questo discorso. Poi il riferimento c'è ai leader decadenti come Mussolini, c'è un po' tutta l'iconografia del leader decadente. e vogliono appunto ottenere quest'ultimo, questo grandissimo, l'intervista del secolo sarebbe, e si avventurano in questo scenario ormai apocalittico. [00:03:06] Speaker B: Senza legge, senza assolutamente nessun tipo di appunto di legge, cioè proprio far west come si suol dire. [00:03:13] Speaker C: E questo è Civil War, un film a metà tra il film di guerra e il road movie, alla fine. [00:03:20] Speaker B: Sì, di fatto è un road movie. [00:03:21] Speaker C: In qualche modo un racconto di formazione. [00:03:24] Speaker A: Con un pizzico di foto romanzo dentro. [00:03:27] Speaker C: Fantastico. [00:03:28] Speaker B: Bellissimo, vero. [00:03:29] Speaker C: E iniziamo già le sviolinate, perché già questo mix di generi ci affascina da morire. film che si basa sugli equilibri tra i generi così come si basa sugli equilibri dei quattro personaggi principali. [00:03:44] Speaker A: Esatto e il cast secondo me, ma penso che siamo tutti d'accordo, funziona benissimo. Hanno fatto delle scelte azzeccatissime soprattutto a livello di intesa tra i quattro personaggi. I quattro personaggi che sono interpretati da Kirsten Dunst che fa appunto la protagonista, diciamo così, il nostro punto di riferimento, che è appunto una delle fotoreporter più famose al mondo, che si chiama appunto Lee, con il suo collega Joel, interpretato da Pablo Escobar, no vabbè, interpretato da Wagner Mura, sì, assolutamente riconoscibile, siamo tutti d'accordo, io me ne sono resa conto alla fine del film, E poi abbiamo Stephen McKinley Henderson, che è Sammy. [00:04:29] Speaker C: Wow! Che nome! [00:04:31] Speaker A: Come mi è uscita, esatto. E poi abbiamo una assolutamente insospettabile Kylie Spinney, che interpreta questa coprotagonista, Jessie, e che sarà in un certo senso un po' la nemesi del personaggio di Kirsten Dunst, quindi di Lee. In generale la scelta del cast è stata azzeccata proprio perché siamo all'interno di un contesto di guerra dove ogni personaggio rappresenta perfettamente quella che è una determinata generazione e il modo in cui quella generazione si approccia ad un contesto di guerra. Perché da un lato abbiamo e soprattutto in ambito giornalistico. Perché da un lato abbiamo Lee, che appunto fa questo lavoro, è una donna di mezza età, diciamo da 40-50 anni, e fa questo lavoro da un sacco di tempo e soprattutto è stata la sua peggiore e più severa maestra. quindi è una persona, anzi una fotoreporter, è prima una fotoreporter che è una persona, è molto tenace, molto dura, quasi insensibile. Dall'altro lato però abbiamo Joel che è invece, che rappresenta un po' l'archetipo del giornalista che ricerca quasi più l'adrenalina della notizia e che lo fa quasi più per questioni di ego che non per informazione, testimonianza storica, esatto. Poi abbiamo Sammy che è invece diciamo il giornalista della vecchia guardia, quello che probabilmente stampava ancora i cartacei e che con il digitale poco si trova e poco ha da fare. E infine abbiamo Jesse che probabilmente rappresenta la generazione Z e che non a caso, anche perché si vuole interfacciare per la prima volta questo mondo, è anche estremamente sensibile così come è di fatto la generazione Z nei confronti di quelle che sono guerre che in realtà succedono da sempre ma che probabilmente dal 68 non hanno mai impattato emotivamente così tanto una generazione come ora. Quindi secondo me questa dinamica Sì, sono. [00:06:38] Speaker B: Completamente d'accordo, è bellissimo il rapporto che si crea appunto tra i quattro personaggi e questo viaggio per quello dicevamo road movie perché è proprio un vero e proprio viaggio verso Washington che fanno questi quattro personaggi, quattro giornalisti quindi appunto al centro c'è il bisogno di andare nel luogo dove succedono le cose per documentarle, per raccontarle anche se ci sono visioni diverse e poi sicuramente il rapporto che viene più approfondito è proprio quello tra le due donne, tra appunto Lee e Jessie che appunto è una ragazza sui 23 anni che è animata dalla passione per la fotografia e vuole diventare una fotografa di guerra. e quindi riesce a unirsi agli altri tre giornalisti e reporter già affermati e quindi, diciamo, intraprenne questo viaggio anche piuttosto avventuroso e rischioso con loro. Da questo punto di vista, Luca, tu prima parlavi di racconto di formazione, l'ho pensato subito anche io. Credo che sia molto bello che appunto in questo film ci sia per quanto riguarda il percorso del personaggio di Jesse ci sia proprio un racconto per tappe proprio come se fosse un raccontare la sua formazione in questo caso sia psicologica sia di fotografa perché di fatto si attraversa da appunto si passa dalla prima fase in cui è proprio una fase di desiderio di voler anche conoscere l'adrenalina del del fotoreportere e andare a fotografare sul campo, poi però si arriva anche a un momento di paura e di blocco con tutte le remore morali del caso, nel senso che Jesse vede le feratezze della guerra e si blocca a paura, non riesce a fotografarle. [00:08:29] Speaker A: Anche perché Joel e Lee rappresentano in un qualche modo i due mentori, tra virgolette, di Jesse. O meglio, Joel è più contento di fare il mentore rispetto a Lee, che si è dovuta accollare questa cosa. però sono due mentori che sono assolutamente l'opposto e che rappresentano poi due modi completamente diversi di gestire quella che è una situazione di panico a cui un fotoreporter è sottoposto costantemente perché da un lato Jesse si ritrova ad avere come modello Lee che è super rigida, super severa, a tratti insensibile e a tratti acida e stronza, perché ad un certo punto è proprio stronza, e poi dall'alto come modello a Joel, che invece è questo pazzo psicopatico che sei sempre lì lì sul capire se è affidabile o meno perché io durante la visione ero sempre lì che dicevo adesso lui è quello che fa la cagata adesso è quello che va in mezzo ad un campo minato e muore adesso è quello che fa questo questo quello e che però non fa diciamo tutte queste follie però compensa ubriacandosi ogni sera e collassando bevendo litri e litri di vodka Quindi Jesse ha praticamente questi due modelli di riferimento che rappresentano proprio le uniche due possibilità che hai per gestire una situazione del genere. Anche perché, e qua ci colleghiamo poi al macro tema, non sono fotoreporter di guerra lontani da casa. Sono fotoreporter di una guerra che è a casa loro e purtroppo, come l'ipocrisia umana insegna, una guerra la senti veramente quando tocca a casa tua. Che poi questo penso che sia in assoluto il macro tema del film, anche se non penso che Garland volesse veicolare chissà quale messaggio, ma è una cosa che approfondiremo dopo Anche perché ci sarà una parte spoiler. [00:10:28] Speaker B: Esatto, brava che l'hai detto, perché abbiamo bisogno di fare delle piccole riflessioni, parlare un po' anche proprio della parte finale. [00:10:36] Speaker A: Ma comunque vi avviseremo, non preoccupatevi. [00:10:38] Speaker B: Certo, assolutamente. [00:10:39] Speaker C: Vorrei soffermarmi sull'aspetto della guerra civile in sé, perché è una cosa incredibile è stata e mi ha ricordato molto della Stovaz, questo aspetto, cioè il post-apocalittico che deriva dalla... [00:10:52] Speaker A: Non sei il primo? [00:10:54] Speaker C: Sì, anche perché oggettivamente i due attori... cioè è un po' un Pedro Pascal dei poveri, il nostro... Walter Mura. No, non si chiama Walter, Wagner. Wagner Mura. Che tra l'altro, vi segnalo, oltre a Narcos, lui ha fatto troppa delit, l'avete mai sentito nominare? È un film incredibile, brasiliano, dove appunto lui interpreta un capo degli sbirri, sta arrivando il papa... Della polizia, voleva dire. [00:11:23] Speaker A: Le guardie. Un capo delle guardie. Le guardie. [00:11:28] Speaker C: No, perché è proprio guardie contro ladri, perché gli danno il compito di ripulire una favela perché sta arrivando la visita del papa e minchia sei preso. [00:11:39] Speaker A: Ah, allora sono proprio sbìo. Eh, capisci, capisci. [00:11:42] Speaker C: Quindi props per il nostro Wagner, amicone. Sì, mi ha ricordato molto le dinamiche umane di The Last of Us. e i personaggi, perché poi ovviamente l'America si presta da dio a sta cosa, specialmente se poi la attraversi tutta e passi da, non so, scenari urbani a scenari di aperta campagna e vedi la qualunque. Abbiamo contesti incredibili, un parco divertimenti trasformato quasi come se fosse una mappa di Call of Duty, dove vediamo due cecchini che si tirano. e soggetti umani assurdi veramente la follia. [00:12:20] Speaker B: Della guerra ma soprattutto della guerra civile dove veramente non ci sono più regole e se anche durante diciamo il loro percorso i nostri appunto reporter incontrano dei soldati che in teoria dovrebbero far parte diciamo delle nuove forze che vorrebbero smantellare il governo e quindi da un certo punto di vista sono alleati coi giornalisti, possiamo dire così, nonostante questo è una di quelle situazioni in cui è poi anche l'individuo a decidere, il singolo, e quindi se ti trovi il soldato pazzo che ti vuole freddare in un attimo, questo succede. Quindi è veramente terra di nessuno, violenza inaudita e ognuno si fa giustizia da sé e quindi anche le violenze, le feratezze da fotografare in questo paese sono tantissime. E quindi è un film, sicuramente questo qua, che riflette, come ho detto proprio in apertura, sul documentare la guerra, sul fotografare la violenza. E che cosa significa questo, anche proprio per chi lo fa? Significa, in un certo senso, come diceva anche Dilessere, prima un fotoreporter, che è una persona, perdere tutta quella sensibilità, quell'ipersensibilità, quella paura e anche quell'orrore nei confronti di quello che si vede. E quindi alla fine questo film di fatto è piuttosto apolitico, rimane ambiguo per quanto riguarda gli schieramenti delle forze politiche. Noi non sappiamo perché siamo arrivati a quel punto. Sì, si capisce che il presidente degli Stati Uniti è quasi un dittatore, si capisce che sono i suoi ultimi giorni e quindi è il corso della storia il fatto che lui a un certo punto deve cadere la Casa Bianca, deve cadere il presidente degli Stati Uniti. Però appunto non ci viene spiegato il motivo e i stessi reporter vanno avanti, cercano quella fotografia, cercano quella storia da raccontare perché devono farlo, perché è questo anche il giornalismo in un modo molto distaccato, molto freddo, ripeto, a parer mio molto apolitico. [00:14:32] Speaker A: Che in realtà, se posso aggiungere, è assurdo perché è un contrasto tra quello che il giornalismo dovrebbe essere e quello che il giornalismo non è praticamente mai. Nel senso che il film ti fa effettivamente capire, anzi sceglie di non farti capire la situazione, come è nata la guerra civile, come dicevi tu, quali sono le fazioni, cosa che io ammetto mi aspettavo, che sono contenta di non Ma che me l'aspettavo perché pensavo che magari Garland prendesse un po' quello che è il contesto storico di oggi della guerra come pretesto per ipotizzare un futuro distopico, per appunto denunciare la situazione di oggi. Invece sono contenta che non l'abbia fatto. ma ci racconta quindi semplicemente quella che è la guerra in quanto tale e allo stesso modo tramite regia, fotografia, montaggio fa esattamente la stessa cosa che cercano di fare i fotoreporter cioè anche il film restituisce quelli che sono i fatti senza posizioni ideologiche, contrapposte, alleate e che è però paradossalmente... quindi vuole in un certo senso cercare di mostrare il giornalismo nudo e crudo che però di fatto non è mai e non lo è da un sacco di tempo. Quindi questa cosa l'ho trovata molto interessante come questa idea di voler rappresentare solamente la guerra in quanto tale è anche palese dal fatto che tra quelle che sono le fazioni in cui sono divisi gli Stati Uniti in questa guerra, noi abbiamo alcuni stati che sono alleati con il presidente. Poi abbiamo la Florida che è da sola, ma poi abbiamo due stati che sono alleati, che non ha senso che siano alleati, che sono la California e il Texas. C'è due paesi che storicamente hanno sempre ricoperto posizioni assolutamente opposte e contrastanti e che invece in questo film Garland fa intrecciare, fa alleare contro una stessa causa e quindi a maggior ragione una scelta del genere secondo me che magari in Italia può essere percepita fino ad un certo punto ma in una sala statunitensi immagino che sia stata percepita molto è proprio un chiaro sottotesto e neanche troppo sottotesto di dire il punto non è l'ideologia, il punto è la guerra. [00:16:55] Speaker B: Sì, sì, sì, decisamente, decisamente, appunto, cioè, questo è veramente interessante, il fatto che il film, la regia di Garland è una regia che vuole, appunto, riprodurre il lavoro freddo, distaccato, lucidissimo del fotoreporter. l'abbiamo già accennato, è una regia in cui si mescola tantissimo anche il linguaggio fotografico perché noi in molti momenti abbiamo delle fotografie a tutto schermo. Noi vediamo le fotografie che vengono scattate da i protagonisti, da Dali e da Jesse, in realtà sono solo loro due, sono fotoreporter, gli altri sono reporter e E questo è interessante. Io ho apprezzato anche come sfumatura legata al mondo della fotografia il fatto che Jessie che agli inizi utilizzi una macchina fotografica analogica a rullino quindi tutte le fotografie scattate da Jessie noi le vediamo in bianco e nero perché usa una pellicola ovviamente in bianco e nero ma soprattutto all'inizio quando lei impara a scattare le fotografie anche di eventi estremamente crudi come l'uccisione di soldati, le torture e così via Il momento in cui scatta si sente molto di più perché la macchina analogica ha proprio una fisicità, mi viene da dire, estremamente il click della macchina analogica lo senti. [00:18:18] Speaker A: Sì, è proprio organica. [00:18:19] Speaker B: È organico e io ovviamente amando questo mondo, ovviamente non voglio fare la fotoreporter di guerra, però cioè nel senso l'ho sentito tanto. [00:18:27] Speaker A: Speriamo soprattutto non civile in Italia. [00:18:29] Speaker B: No, no, no, esatto, speriamo. [00:18:31] Speaker C: Se vuoi Bea, esco di qua e tiro un pugno in faccia a qualcuno. [00:18:34] Speaker B: Per esatto, per fotografi. No, però scherzi a parte, l'ho sentito molto e, ripeto, mi è piaciuta anche questa sfumatura proprio della fisicità dello scatto fotografico. [00:18:44] Speaker C: E qua mi attacco perché voi, vi faccio una domanda, risposta secca, i protagonisti li percepite come figure positive o no? [00:18:55] Speaker A: Non può avere una risposta secca a questa domanda. Sì e no. [00:18:58] Speaker B: Sì e no, ma più che altro non me lo sono chiesto. [00:19:01] Speaker C: Sono dei buoni? [00:19:02] Speaker A: Non lo so. Allora, intanto dipende perché... Allora, intanto dipende. Analizziamo segneticamente questa cosa perché... [00:19:11] Speaker C: Stiamo per assistere a una risposta secca di dire. [00:19:13] Speaker A: No, no, no. Personaggio positivo non vuol dire personaggio buono, così come personaggio negativo non vuol dire personaggio cattivo. [00:19:19] Speaker B: Quindi scegli. [00:19:20] Speaker A: La domanda che tu stai facendo è se sono positivi o negativi. [00:19:23] Speaker C: Buoni, buoni, buoni. [00:19:25] Speaker A: Buoni no, ma perché è come chiedere se secondo te l'essere umano è buono. [00:19:30] Speaker C: Beh, mi reputo una persona buona. [00:19:37] Speaker A: Stiamo ritirando fuori la zona di interesse. [00:19:40] Speaker C: Metti me e Hitler sulla bilancia e fai Hitler cattivo. [00:19:44] Speaker A: Allora ti dico, non ti so dare una risposta secca perché come dicevo prima in quanto giornalisti e in quanto rappresentanti di un settore che deve fare un lavoro che dovrebbe essere nobile negli intenti e soprattutto nei risultati e soprattutto nelle intenzioni, sì. Poiché in parte sia Lee che Joel che Jesse lo facciano per un 60% per volontà di documentare e testimoniare e per un 40% ego e successo, è un altro paio di maniche. Ma di fatto è il mondo così. [00:20:27] Speaker C: E qua io invece percepi, e qua dove volevo arrivare, percepisco il loro, invece il 100%, cioè loro sono lì, non tanto per informare, perché non si parla mai di distribuire quelle foto, non vediamo mai la reazione che quelle foto o i loro prodotti giornalistici suscitano nelle altre persone, non si ha mai un rapporto, cioè di fatto non esiste un loro editore, mentre la loro è una ricerca quasi... ovviamente ossessionata di rappresentare o con l'intervista di Joel o appunto con le fotografie il dolore, ma nella concezione più pornografica. [00:21:09] Speaker B: Sì, sono d'accordo. [00:21:11] Speaker C: Cioè l'estetica del dolore. Di fatto quando Lee e Jesse si confrontano, fanno vedere le rispettive fotografie, non è mai un facciamole vedere, è un sempre confrontarsi sulla ricerca estetica, sulla bellezza pornografica di quello che hanno. E di conseguenza non ci vedo tutta la nobiltà del mestiere del giornalista, perché poi alla fine tu sei lì perché ti piace. [00:21:40] Speaker A: Nel senso, lunge da me dire che sono dei personaggi nobili, nel senso dico che semplicemente il tipo di giornalista che viene rappresentato in questo film è in una buona percentuale molto più nobile di molti giornalisti di oggi, quello dicevo. Però io questa pornografia non ce l'ho vista e anzi secondo me il fatto che tra di loro tendano molto a parlare dell'aspetto più estetico della fotografia che non di quello che hanno fotografato è un altro modo che loro hanno per estraniarsi e per alienarsi da quello che stanno vivendo perché altrimenti non vai avanti, cioè altrimenti è un lavoro che non puoi fare, nel senso Se tu scatti la fotografia, come di fatto succede, di una persona che viene sparata alla testa a mezzo metro da te, e quando sviluppi quella fotografia ti perdi a domandarti il perché lo ha fatto, o mio Dio quanto è stato terribile da vedere, non sei portato per fare quel lavoro. invece secondo me è tutto il loro concentrarsi sull'aspetto estetico non è tanto una sfumatura che Garland dà al personaggio per sottolinearne la superficialità o la pienezza di ego cioè secondo me è proprio l'ennesima sfumatura per farti capire che quello devi fare per sopravvivenza tra virgolette che poi ci sia anche un desiderio di successo, di arrivare, di farcela, di essere primi nella notizia, senza dubbio. Quello purtroppo è proprio della figura del giornalista. Però è anche vero che vediamo Jesse molto in struggle con questa cosa, vediamo Lee molto in struggle, soprattutto nella parte finale, con questa cosa, quindi non è che non ti fanno vedere una sorta di lotta interiore o di dubbi che loro hanno nei confronti di quello che fanno. secondo me. [00:23:33] Speaker B: Io, allora, per ritornare un attimo alla domanda che era interessante, se sono personaggi buoni o meno? Io non me lo sono neanche chiesto, perché per me non è proprio il punto del film. E, appunto, essendo dei fotoreporter, cioè, come facciamo a dire se in quelle situazioni lì sono buoni, sono bravi, sono cattivi? Si fanno la domanda, no? Non voglio fotografare il soldato torturato, martoriato di proiettili, io invece lo fotografo. ovviamente bisogna avere una certa capacità per fare quel tipo di mestiere e si può anche scegliere di non farlo, dire no io non voglio trovarmi in una situazione del genere ma io credo che in quel momento alla fine si vogliono a tutti i costi portare a casa queste fotografie, portare a casa queste storie e estetizzare certe immagini. Per quello qua si aprirebbe una riflessione veramente infinita su il valore delle immagini, il valore delle immagini nella nostra società, Questa è una riflessione che è già partita dagli anni 70 in poi, ne ha parlato Susan Sontag, ne hanno parlato tutti, e di quanto queste immagini anche di violenza, di guerra, a un certo punto risultano quasi banali perché ne abbiamo viste tanti e loro stessi ne scattano tante. e quasi cercano l'estetizzazione di momenti tragici. E la fotografia in quel contesto lì è un'ossessione, è un portare a casa qualcosa. A me viene da pensare quasi a un bottino, cioè quasi un puntare il mirino verso quello che vedi che è la tragedia e l'orrore, ma tu devi scattare quella foto. Io da un lato lo capisco questo, È difficile da comprendere, è difficile da fare perché di fatto si arriva a un'alienazione totale e si rimane anche a suoi fatti. Dopo che hai scattato un sacco di fotografie di questo genere e questo accenno c'è anche all'inizio perché noi capiamo tramite qualche fotografia, capiamo che tipo di scatti ha fatto finora lì nella sua carriera, sono tutte foto veramente crudissime, e dopo un po' forse tu completamente ti sei, come dire, sei un po' assuefatto a questo, però vai avanti e c'è una sorta di inerzia. [00:25:47] Speaker A: Poi effettivamente, come hai accenato tu, si ritorna sempre a uno dei poi discorsi diciamo più affrontati in ambito giornalistico, soprattutto anche proprio della fotografia e intesa proprio della macchina fotografica come arma e come scudo. Nel senso è un po' questa forza dove da un lato, un po' come quando guardiamo dei video estremamente violenti attraverso il telefono, che ci fanno da scudo a quella violenza, allo stesso modo è la macchina fotografica per loro, a maggior ragione però in un certo senso è un'arma. Perché io durante il film, quando loro fotografavano delle persone che venivano uccise, torturate, mutilate, cavolo mi chiedevo, ma io se fossi lì non scatterei una foto. Io cercherei di dirti, ma cosa stai facendo? Cercherei di intervenire in maniera attiva. Probabilmente durerei cinque minuti, quindi non sarebbe una grande idea. [00:26:43] Speaker B: Ma infatti è quello che è capitato a Jesse all'inizio. [00:26:46] Speaker A: Non riesci a non vederlo come un infierire, tra virgolette. E secondo me è anche una cosa che Garland Il discorso che facevi prima dell'essere ad oggi insensibili al dolore è proprio, secondo me, una cosa che Garland ha voluto chiaramente sbatterti in faccia, non solo attraverso le fotografie delle protagoniste, ma anche proprio attraverso un montaggio che c'è all'inizio dove c'è una carellata di atrocità. e te le sbatte così, in primo piano, quasi come per dire sei così tanto abituata a questa cosa? Tieni, guarda e divertiti mentre lo fai, mi raccomando. Questa aura un po' sexy di Garland mi piace sempre tanto. Sì, sì, è vero. [00:27:32] Speaker C: Il ruolo della fotografia diventa anche quasi l'espediente narrativo e ciò che ti giustifica la loro presenza lì. Perché nel mondo in cui viviamo, vedi queste scene sul teatro operativo di gente che si spara, gente che muore, granate che volano di qua e di là, dici i giornalisti anche meno, cioè passate dopo, invece gli stessi militari li vogliono lì, li vogliono ora perché li coordinano perché il potere che ha una fotografia oggi, ma in realtà da quando è stata inventata, è molto, direi, è quasi più grande del potere della pistola in sé, cioè del proiettile in sé. [00:28:14] Speaker B: Bellissimo il parallelismo tra il fotoreporter che colpisce in qualche modo il suo obiettivo, lo fotografa, e poi invece le armi, gli spari, la violenza, cioè di fatto sono due tipi di puntare l'obiettivo, puntare il mirino, no? [00:28:31] Speaker A: Anche perché mi vengono subite in mente alcune delle foto più famose, soprattutto che sono state scattate durante la guerra del Vietnam, che secondo me purtroppo è un peccato. Questa è una di quelle situazioni dove sarebbe bello fare il vlog, perché sarebbe bello fare vedere queste cose. Però secondo me ci sono veramente delle inquadrature che sono delle citazioni ad alcune delle foto più famose, come quella del 68 del monaco buddista che si dà fuoco per manifestare contro il regime dell'epoca. Ce n'è un'altra dove viene giustiziato un Vietcong. dove abbiamo proprio questa fotografia di questo generale che in modo molto chiaro spara alla testa ed è una delle prime fotografie che poi farà lì, quindi secondo me è una reference, 100% è una reference, cioè non ci scommetterei la casa, ma secondo me è una reference. No, però è molto bello scoprire anche questo. Appunto, tornando alle foto più famose, tutti si ricordano chi ha scattato la foto, non chi era la persona che ha ammazzato l'altra immortalata nella foto. Cioè, nessuno si ricorda dell'assassino, tutti si ricordano del fotografo. eccetto per ovviamente grandi casi storici, è ok, però effettivamente... cioè solitamente anche i titoli sono molto generici, cioè soldato di questa truppa uccide Vietcong. Fine. Però la foto è di Tizio Caglio. [00:29:58] Speaker C: E comunque lo stesso film su questa metafora ci gioca molto. Vediamo nelle scene appunto dove magari c'è una lotta tra cecchini, dove obiettivo di un fucile, obiettivo telescopico della macchina fotografica, insomma, ovviamente è anche una metafora quasi scontata a questo punto, ma ci gioca molto. [00:30:20] Speaker B: Sì, poi ho trovato molto interessante che appunto in questo film comunque ci siano anche dei momenti in cui ci sono proprio dei dettagli quasi, mi viene da dire quasi poetici, che quasi ti portano invece a riflettere sulla bellezza che ancora c'è intorno, sulla bellezza di questa campagna americana, questi paesaggi americani che loro attraversano. Ovviamente c'è la scena in cui appunto ci sono i cecchini ma in quel momento lì guarda i fiori che ci sono sul prato ed è una scena, un'inquadratura che è incredibile. [00:30:59] Speaker A: Ah, Sofia Coppola sei ovunque. [00:31:01] Speaker B: Esatto e con Dina abbiamo subito pensato a Sofia Coppola. Sì, c'è i fiori, figurati. [00:31:08] Speaker C: Basta, tre su tre sulla Sofia Coppola. [00:31:10] Speaker B: Basta, Sofia Coppola, basta. Comunque sì, c'è questo riferimento a, vabbè, i fiori, bellissimo, ma poi anche altri attimi che, cioè, non è il caso di citare, però li riconosci subito mentre guardi un film del genere e non. [00:31:25] Speaker C: Te li aspetti quasi. E la colonna sonora. [00:31:27] Speaker B: Ti prego, la colonna sonora, basta. Cioè, veramente io... Non so cosa dire, veramente perché mi è piaciuto l'utilizzo appunto di certe canzoni che c'è proprio... Smorzano. Smorzano e creano proprio questa atmosfera cinica, distaccata, quasi un po' grottesca perché cioè se tu mi metti veramente questa musica che è un po' punk, new wave, dei suicide e poi c'è un altro pezzo che invece è più tipo funk, soul, super stile anni 80, quasi un po' rap, che ti dà quasi un'energia molto positiva e sta succedendo, cioè che cosa sta succedendo nel frattempo, una scena di guerra, di violenza, di un'esecuzione, cioè questo utilizzo della musica, ovviamente Garla non è il primo a utilizzare le canzoni in questo modo, però l'ho apprezzato tantissimo. [00:32:23] Speaker A: Invece è una cosa che secondo me è molto specifica di Garland e che ho riscontrato anche in Civil War, anche perché, diciamolo, non l'abbiamo detto, ma Garland è la mano dietro la macchina da presa di annientamento, ex macchina, men, Quindi, insomma, almeno uno dei miei registi preferiti in realtà. Però una cosa che ho notato piacevolmente in questo film e che si ritrova in qualsiasi altro film di Garland è l'utilizzo di tre colori specifici, che sono il fucsia, il verde e il blu. sono colori che ci sono ovunque, in tutti i suoi film, e a questo punto io penso veramente che siano in un certo senso, senza l'intenzionalità ovviamente del regista, però in un certo senso aiutano a creare questa idea di vita, morte, rinascita, perché alla fine è il macro tema di tutti i film di Garland, vita, morte, rinascita, Soprattutto perché spesso sono legati alla natura. Tante volte troviamo proprio una natura infestante nei suoi film che ha sempre questi tre colori. Lo troviamo in Man, ma lo troviamo soprattutto in Agnettamento. E anche in questo caso vediamo i cecchini che hanno lo smalto di questi tre colori o hanno il viso macchiato con questi tre colori. E soprattutto e qua è il motivo per il quale ho pensato cavolo questa è vita morte rinascita in questo mio trippone ritroviamo questi colori che ci vengono proprio fatti notare chiaramente perché la scena è stata costruita per farceli notare in un momento dove Jesse per la prima volta accompagna Lee e Joel all'interno di questo edificio dove c'è questo scontro armato sostanzialmente e sarà la volta in cui Jesse riuscirà, per la prima volta, senza avere un attacco di panico e senza avere una crisi, a non solo fotografare un omicidio, ma a farlo pure bene, cioè realizzando una delle foto più stiglie. [00:34:27] Speaker B: Una scena bellissima. Esatto. [00:34:29] Speaker A: E subito dopo questo scontro c'è questa parentesi con questa musica in sottofondo e c'è questa inquadratura di lei seduta sul marciapiede appoggiata su un muro che ha esattamente queste tre strisce verticali, fucsia, verde e blu. E non lo so, il fatto che lei sia appoggiata proprio sul colore verde e il fatto che quella rappresenti una scena veramente di passaggio per lei, è una cosa che mi fa dire, cioè probabilmente, allora Garland se ci stai ascoltando probabilmente non l'hai fatto apposta e sono io che sto facendo la sua vera struttura, ma continua a fare queste cose per favore perché io impazzisco per queste cose. [00:35:07] Speaker B: Ci piace così ed è proprio vero, quella è una scena potentissima che tu senti tutto il trasporto che ci mette Jesse perché Quella è la prima volta in cui veramente si sentirà una fotoreporter e scatterà una bellissima foto. [00:35:21] Speaker A: Sì, ma poi tra tutti i colori che poteva utilizzare, utilizza sempre quei tre. Allora, Garland, ci devi dire cosa vogliono dire quei colori. Vantaggio a te. È vero. [00:35:30] Speaker B: No, è verissimo, è verissimo. [00:35:32] Speaker A: Lo adoro. [00:35:33] Speaker C: Dile, tu mi parli di vita, morte, rinascita. Qui salutiamo, a meno che noi siamo masochisti, i nostri ascoltatori che non hanno ancora visto il film. [00:35:43] Speaker A: Come il nostro regista Riccardo, che poverino non l'ha ancora visto, ma sentirà la parte spoiler. [00:35:49] Speaker C: Appunto, inizia la parte spoiler. 3, 2, 1, ciao a tutti. Dopo la loro vita insieme, nel momento in cui muore Lee, Lee rinasce in Jesse. Il momento in cui Jesse aveva chiesto a Lee, se fossi io a morire mi fotograferesti? si ribalta ed è Jesse a tenere il coltello dalla parte del manico, sempre rimanendo sulla metafora. [00:36:17] Speaker B: E si comporta proprio come si sarebbe comportata lì di fatto, perché è proprio questa evoluzione dei due personaggi, lì nell'ultima parte del film e la vediamo in crisi, E forse questo è quasi anche un po' un farci capire che lei è sempre la fotoreporter leggendaria che è stata, però è un momento in cui forse è arrivata una saturazione per cui non ce la fa più e muore. [00:36:41] Speaker C: È il momento in cui getta lo straccio. [00:36:43] Speaker B: Esatto, e muore. [00:36:44] Speaker C: Muore, decide di morire. Decide di morire perché fa qualcosa che non avrebbe fatto. [00:36:50] Speaker A: Tu dici che si è lasciata ammazzare? [00:36:53] Speaker C: Sì, per difendere Jessy. [00:36:56] Speaker A: Potrebbe starci. Secondo me non si è lanciata con l'idea di dire adesso muoio. No, secondo me lo ha fatto per istinto, per proteggere Jessy e ops è pure morta. [00:37:08] Speaker C: Ma il suo istinto fino a quel momento lì è stato stai dietro il muro. Certo, quello senza dubbio. [00:37:15] Speaker A: Però che lei lo avesse fatto con istinto suicida, no? [00:37:19] Speaker C: Però è andata contro i suoi principi. [00:37:23] Speaker A: Sì, d'accordo, ma io non ci vedo un'intenz... cioè, parlando di istinto suicida, si intende un'intenzionalità lucida. Proprio perché lo ha fatto impulsivamente, andando contro quella che è invece la sua visione delle cose estremamente lucida ed estremamente asettica, a maggior ragione, non può essere stato per me una scelta... Sì, proprio Sì, però come contemplazione del suicidio. [00:37:47] Speaker C: Sì, come dice il guardia che si lancia per proteggere. [00:37:50] Speaker A: Sì, esatto, nello stesso identico modo. E poi, anzi, c'è proprio la scena in cui una volta che lei butta a terra Jesse, lì si alza in piedi. Per voi che avete visto il film e che siete in questa parte della puntata sicuramente ve lo ricordate e abbiamo questa camera bassa che riprende dal basso lì e lì ad un certo punto guarda Jesse e secondo me lì in quel momento si rende conto che è spacciata ma se ne rende conto solo in quel momento cioè lei guarda lì per terra e dice cavolo sono tornata lucida due secondi ho capito che mi sono fatta prendere dalle emozioni e non fa neanche in tempo a pensarlo che viene ammazzata. [00:38:32] Speaker B: Sì io sono comunque d'accordo cioè allora non penso che sia proprio vabbè sì e mi suicido così mi butto però io sono d'accordo con te quando con te Luca quando dici che un po' cioè forse ha anche senso è funzionale per questa storia per l'epicità anche del personaggio di lì che muore in modo quasi epico cioè Hashtag iconica, sì. Il fatto che appunto lei si butti e quindi il suo istinto in quel momento lì però funziona diversamente da come avrebbe funzionato in altre occasioni, in tutte le altre occasioni in cui si è trovata di guerra ovviamente. Ed è eccezionale il fatto che comunque, suicidio o non suicidio, cioè volento o nolente, anche solo l'istinto di proteggere Jessie, che è il futuro, rappresenta il futuro della fotografia, dei fotoreporter, comunque lei muore nel momento in cui fa una cosa diversa dal solito, una cosa che non ha mai fatto. [00:39:27] Speaker A: Lei è vittima del suo stesso monito. praticamente. Infatti, che è il motivo per il quale all'inizio della puntata abbiamo detto un po' Nemesi, Jesse e Lee alla fine sono due personaggi che partono opposti e che poi si scambiano completamente nel corso del film. Cioè vediamo Lee acquisire tutta quell'umanità probabilmente perché rivedendo se stessa in Jesse si è resa anche conto di tutto quello che ha messo da parte, ha sotterrato per arrivare dove è arrivata. In un certo senso si fa prendere completamente da tutte queste emozioni improvvisamente. Poi di conto abbiamo Jessie che è giustamente super... cioè che non è neanche ipersensibile, cioè reagisce come probabilmente una qualsiasi persona che non ha esperienza reagirebbe in una situazione del genere e che invece poi diventa lei l'icona lei la leggenda e lei il mosto insensibile dietro la fotocamera. [00:40:22] Speaker B: Eh beh, sì, perché nella parte finale diciamo che Garland calca la mano, è molto alienata Jessie, cioè forse sembra quasi surreale la reazione che ha lei, visto che ha accanto il corpo morto di lì, però lei si alza quasi in preda a una sorta di trans e va nella stanza dove è una macchina, è una macchina. ed è assurdo, cioè questo è ovviamente... [00:40:45] Speaker A: E' diventata prolungamento della macchina fotografica. [00:40:47] Speaker C: Bellissimo. [00:40:49] Speaker B: Ormai sono la stessa cosa, il suo occhio è la macchina fotografica. Ed è proprio questo essere ormai automatica, lei va verso quello e ovviamente è molto marcato, forse anche fin troppo, perché Parliamoci chiaro, è un po' una licenza poetica, va bene che una ragazza appassionata e talentuosa può imparare in fretta, però secondo me arrivi a quell'alienazione, a quell'istacco dopo anni di esperienza. Però in un film, in una storia, ha senso. No, ne ha viste però tipo in cinque giorni, quindi ha senso fino a un certo punto, ma a noi non ci interessa se è vero o falso, perché per la storia... [00:41:25] Speaker A: Cioè io non so se dopo cinque giorni di guerra civile verrei fuori meno psicotica di Jessica. Eh no, vabbè, atrocità solo per cinque giorni, minchia! [00:41:37] Speaker C: Fammi fare ancora sabato e domenica, poi ci arrivo. [00:41:41] Speaker B: Però dicevo, scusatemi, proprio perché atrocità per cinque giorni tu dici psicotica, ma non lo so, ti crepa accanto a te, per te quella che ti ha aiutato fino a ieri, tu parti tipo automa. [00:41:53] Speaker A: Sì, è un po' quel momento Iconic, la lieve ha superato la maestra. [00:41:57] Speaker B: Però ci piace perché Garland voleva fare questo ed è perfettamente in linea con la freddezza del fotoreporter, del film, della stessa regia del film ed è magico il fatto che almeno io ragazzi sono gasatissima galvanizzata il fatto che lo stesso finale del film sia una fotografia Cioè, il film finisce con scattare una fotografia, con lo scattare quella fotografia decisiva, quel momento privilegiato che è la morte del presidente. Cioè, e menzione d'onore per i titoli di coda che noi all'inizio vediamo il bianco e piano piano la foto che si sviluppa. con i suicide in sottofondo, cinici da morire, cioè super punk. [00:42:42] Speaker C: La carica artistica di questo film è comunque altissima, altissima e in virtù di questo fatemi in conclusione citare la scena delle scene protagonista, mattatore di tutti. [00:42:57] Speaker A: In. [00:42:57] Speaker C: Tutti e due i sensi, Jesse Plemons. Marito di Christian Dunst. [00:43:01] Speaker A: Cosa che Luca ha scoperto ieri. [00:43:03] Speaker B: Anche io l'ho scoperta. [00:43:04] Speaker C: Oh raga, una notizia incredibile! È marito di Christian Dunst! Ah sì, davvero? [00:43:08] Speaker A: Questa è stata... No, no, no, io l'ho sopravvissuta. Io non l'avevo sopravvissuta. [00:43:11] Speaker C: Però quando l'ho scoperta ho poi vinto. Questa scena incredibile. Ho paura che venga un po', come dicevamo, rilegato a ruoli da pazzo psicotico imprevedibile, però quando è lui sullo schermo tu rimani di ghiaccio. Quella scena lì... questo film spero che diventi un po' un cult, ma quella. [00:43:37] Speaker A: Scena tra tutti... Oddio, non so se lo diventi ape o ha tutte le potenzialità per esserlo. C'è proprio anche solo il dialogo, che poi alla fine è un dialogo che riassume tutto il film, perché Jesse, Jesse l'attore non Jesse il personaggio, ha in un certo senso un po' questa... condanna o anche in realtà privilegio di essere sempre utilizzato ultimamente in film per fare piccole scene che però sono momenti chiave del film e anche in questo caso abbiamo un dialogo che racchiude perfettamente quello che è il film e la guerra civile che è ok voi siete americani sì ok ma che tipo di americani siete Ed è esattamente quello il punto. [00:44:17] Speaker B: È il cuore, quella chiave lì. Quella scena lì è una scena chiave comunque e subito dopo c'è quella scena incredibile, questa da un punto di vista proprio estetico, di Jesse che cerca di uscire dalla fossa comune arrampicandosi sui cadaveri. Anche questa è una scena di una potenza, un'inquadratura di una potenza. [00:44:42] Speaker A: Diretta solo per aver vissuto una roba del genere, altro che cinque giorni. [00:44:45] Speaker C: Comunque rimane. [00:44:46] Speaker B: Altro che vomito. [00:44:47] Speaker C: È un film che voglio rivedere. Anche io. [00:44:50] Speaker B: Anche io. [00:44:51] Speaker C: Ma è un film che, cioè adesso sono passati quattro giorni da quando l'abbiamo visto, c'ho tutte le inquadrature in testa, è cosa che non succede, non succede quasi mai. [00:44:59] Speaker A: Beh, sicuramente la tattica del trasformare un'inquadratura in una fotografia ha aiutato molto questo processo. Anzi, come processo mi ha ricordato che non è sicuramente una reference di Garland, è una cosa mia personale, però mi ha ricordato La Jetée, che è un po' questo fotoromanzo che ad un certo punto è praticamente un insieme di fotografie. [00:45:25] Speaker B: Sì, sono solo fotografie. [00:45:26] Speaker A: Esatto, opera pilastra della Nouvelle Vogue, che però appunto dopo un po', mi pare un mediometraggio perché dura tipo mezz'ora e mi ha effettivamente Cioè dopo un po' ti dà la sensazione che non siano più fotografie ma che siano inquadrature in movimento. E però è una cosa che invece effettivamente su Civil War non succede mai grazie al bianco e nero. [00:45:49] Speaker C: Beh cavolo, hai citato proprio uno dei pilastri della cinematografia. Cioè è veramente imprescindibile. Guardate la Jeté che tra l'altro ha ispirato l'esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam quindi va bene. I consigli ve ne abbia andati. [00:46:04] Speaker A: E che sicuro ha ispirato The Twilight Zone. [00:46:06] Speaker C: Non l'ho visto, come me lo devi dire tu. [00:46:09] Speaker A: No, The Twilight Zone è una serie degli anni... non mi ricordo mai se. [00:46:13] Speaker B: È 60 o 70. The Twilight Zone è sempre ai confini della realtà. [00:46:15] Speaker A: Esatto, è ai confini della realtà. Solo che The Twilight Zone ha molto più senso in inglese. Lo so. Comunque, per tutti gli appassionati di Black Mirror, The Twilight Zone è il papà. di Black Mirror. [00:46:27] Speaker C: Quindi anche questa settimana i compiti li avete così come avete il compito di seguirci su Instagram e TikTok a cinema underscore passengers e unigeradio unigeradio sempre su Instagram che pubblica un sacco di nuovi programmi Vi ringraziamo per averci ascoltato, ringraziamo i nostri collaboratori, Riccardo Novaro alla regia, Stefano Bassi che fa le nostre bellissime grafiche che colorano il nostro feed di Instagram. [00:46:57] Speaker A: E noi con questa vi salutiamo perché. [00:46:59] Speaker B: Ci cacciano dalla radio. [00:47:02] Speaker A: Mi raccomando, andate al cinema. [00:47:04] Speaker B: Andate, andate. [00:47:05] Speaker C: E fateci sapere com'era. [00:47:07] Speaker A: Alla prossima puntata. Ciao!

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